Tanti anni fa, in un paese lontano lontano, ma così lontano che alla mattina il sole dovevano mandarglielo a dorso di mulo, vivevano tante persone. E, fra le tante, una come tutte le altre: non era un guerriero od un poeta, un re o un eroe, solo uno qualunque. Uno di quelli che si incrociano per caso per strada e si dimenticano subito dopo. Ma la Sorte, che sa che nessun uomo è davvero come tutti gli altri e che ciascuno ha una sua strada da percorrere, aveva comunque passato anni e anni a spargere segni ed indicazioni che potessero guidare anche lui, perché questo rientra nei Suoi doveri. E lui aveva passato anni ed anni a non comprenderli, perché nel cuore degli uomini le risposte finiscono sempre per perdersi nel frastuono delle domande.
Così, alla fine, avevano preso ad ignorarsi l’un l’altro, un ignorarsi vagamente astioso.
Non che ci fosse stato troppo tempo per pensarci su, ad ogni modo, perché perfino laggiù, in un posto così lontano, vivere la giornata richiedeva un sacco di lavoro. Poi i giorni erano diventati mesi, i mesi anni ed infine anche gli anni erano passati, l’uno dopo l’altro, mentre tutto continuava semplicemente ad accadere.
Anche quel giorno era iniziato esattamente uguale a ogni altro, ma appena giunto in città al nostro uomo si era subito presentata l'evidenza che invece no, quel giorno doveva avere un qualcosa di speciale. La piazza del mercato, che dava sul porto, era di solito gremita di gente affaccendata nei mestieri e negli affari più vari e disparati. C’erano commercianti di spezie provenienti dall'altra parte del mondo, contadini e pastori che portavano in città i loro prodotti nella speranza di concludere qualche buon baratto. C'era chi comparava e chi vendeva: pesce e seta, vasi e gioielli, tessuti e derrate. E attrezzi, stoviglie, tappeti, sementi, metalli, servi e animali di ogni foggia e misura. Ma anche sapere, opinioni ed eloquenza erano all'asta. Per promuovere una ragione, scrivere ad un parente od a una amata, far diventare più forte una ragione debole o il suo opposto. Qualunque fosse il commercio, nessuna offerta sembrava mai all'altezza della richiesta, e viceversa. Trovare un giusto mezzo che lasciasse le parti ugualmente scontente finiva sempre per richiedere ore ed ore di estenuanti trattative. E buoni polmoni. Ma fortunatamente i contendenti non mancavano di assistenza e c’era sempre qualcuno intento a provvedere a cibo e bevande, movimento, pulizia, sicurezza, cure mediche e in fin dei conti a qualunque servizio o prestazione (lecita od illecita che fosse) che sembrasse necessaria o gradita. In cambio di un onesto guadagno, si intende. E visto che non di solo pane vive l’uomo, al mercato venivano ad esibirsi, anche musici e poeti, nani e saltimbanchi, fachiri, giocolieri, ballerine, incantatori di serpenti, fenomeni e chi più ne ha, più ne metta.
Anche quel giorno, come tutti gli altri, il mercato si mostrava gremito come al solito, anzi, più del solito, molto di più… Ma nessuno comprava o vendeva. Tutti, ma proprio tutti, si accalcavano verso il molo, spingendo, strattonando, rischiando di finire in acqua ad ogni slancio o di scaraventare in acqua coloro che avevano già guadagnato le prime file. Incuriosito, il nostro uomo si avvicinò al alla folla ma da ogni posizione accessibile la visione era sempre la stessa: un muro di dorsi sudati e di nuche. E, in fondo in fondo, una singola vela attraccata alla banchina.
“Che succede?” domandò a qualcuno, vincendo l’abitudine a non impicciarsi negli affari degli altri. “Cos’è tutto questo trambusto?”.
“E’ il profeta” gli venne risposto da più parti, “la sua nave è giunta, e ora sta per lasciarci”.
“Guardate, guardate ora,” annunciò qualcun altro nella folla “è Almitra, la veggente... Ascoltate: sta per parlare...”.
Il silenzio scese sulla piazza. Tutti insieme, per una volta, uomini e donne tacquero. Anche il resto della creazione parve trattenere il fiato: le foglie smisero di stormire, gli uccelli di cantare, le onde di rincorrersi, il vento di soffiare, ogni singolo granello di polvere di rotolare. Nessun passo, o suono qualsivoglia, risuonò più sul lastricato.
Attirata dal boato di quel silenzio, la Sorte abbandonò per un istante le sue tante incombenze e guardò giù in paese. Vide con soddisfazione che tutto era esattamente come doveva essere, ma proprio quando aveva già deciso di ritornare alle cose importanti notò in mezzo alla folla un viso familiare, il viso di uno dei suoi tanti figli. Uno che Le era caro come tutti gli altri, ma che per ragioni che non ricordava nemmeno più sentiva di aveva perso di vista tanto tempo addietro. In un attimo, che per chi deve essere dappertutto e provvedere a tutto è un tempo sufficiente per cambiare anche il corso di una vita, prese una decisione.
Nell'assoluta immobilità della piazza un gabbiano si alzò nell'aria. Seguendone d’istinto il volo, lo sguardo di un uomo, un uomo che veniva da un paese così lontano che alla mattina il sole dovevano mandarglielo a dorso di mulo, incrociò una mano che da una specie di cornicione lo invitava a salire. Senza sapere neppure perché, l’uomo si afferrò a quella mano. Altre mani si unirono alla prima, issandolo a sedere, mentre gente che non aveva mai visto in vita sua gli sorrideva e si stringeva per fargli spazio. Proprio come si fa spazio ad un amico che si unisce alla tavola. Non senza aver rischiato di precipitare più di una volta, la balconata trovò infine una certa stabilità, giusto mentre il profeta interpellato da Almitra iniziava a parlare. Dal luogo da cui sorveglia il mondo anche la Sorte sorrise, poi tornò finalmente ai suoi doveri incombenti.
La barca su cui era salito il Profeta stava ormai per scavalcare l’orizzonte, ma la gente esitava ancora ad abbandonare quella giornata speciale. Dal fondo della piazza un uomo, un uomo che nessuno si ricordava di aver mai visto lì prima d'ora, avanzava lentamente tra la calca. Arrivò fino quasi al molo e poi si sedette all'ombra di una delle case che vi facevano ala. Tranquillamente, come uno che e' arrivato esattamente dove doveva arrivare, aprì la sua bisaccia ed estrasse dei fogli su cui erano scarabocchiati i conti dei suoi affari. Strappò quella parte della sua vita con un gesto deciso, e, su quello che rimaneva, prese a scrivere con mano ferma nel suo alfabeto. Passò del tempo, e quando interruppe il suo lavoro e alzò lo sguardo scoprì di trovarsi al centro di un gruppo di astanti. Tra di essi la veggente, la donna che aveva parlato per prima al profeta, che si fece avanti.
"Mi serviranno altri fogli" le disse lui, semplicemente. Lei annui. In qualche modo, qualcuno li avrebbe portati. Lei non sapeva leggere l'alfabeto, ma sapeva comunque cosa avrebbero raccontato gli strani segni che l'uomo andava tracciando. Era l'addio di un profeta, e cominciava pressapoco così: "Disse allora Almitra, Parlaci dell'Amore. E lui sollevò il capo e guardò verso il popolo, e scese una grande quiete. E con voce intensa, disse: quando l'amore vi chiama, seguitelo..."
La vanità, si dice, e' il più grande di tutti i peccati. Eppure, negli anni, la Sorte non poté non sentirsi particolarmente compiaciuta di quanto aveva concorso a far accadere ad Orfalese. E di quel contadino che, diventato cronista e poi apostolo, aveva compiuto la sua Via e tramandato alle generazioni future le parole di un Profeta. Certo, Lei aveva solo alzato in volo un gabbiano: la Sorte non può di certo spingere un cuore a porgere una mano ne' un altro ad afferrarla. Nessuno lo può, perché spetta a ciascun uomo la scelta di ascoltare il proprio cuore oppure di ignorarlo.
Eppure, pensò in un pensiero rivolto all'insù, quante volte senza un suo intervento questi cuori restano sordi e muti gli uni agli altri... E quali magnifiche opere un uomo come tanti può realizzare, con giusto un po' di fede ed una mano che gli viene in aiuto.
La sorte sorrise e, forse, dall'alto anche la Mano Che Ha Scritto Tutto sorrise con lei.
PS il Profeta di questa storia è quello di Kahlil Gibran, http://it.wikipedia.org/wiki/Khalil_Gibran
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