il canto dello scricciolo

Gli uccelli che vivono nei boschi e nei parchi sono spesso molto difficili da vedere. Ma non da sentire, per nostra buona sorte... e a fare tanta, ma proprio tanta attenzione, si potrebbe perfino notare che uno dei canti più squillanti e armoniosi (che a qualcuno ricorda il ghiaccio che si scioglie a primavera), proviene da uno dei pennuti di taglia più piccola: lo scricciolo.
Ma non è sempre stato così: un tempo lo scricciolo cantava con una voce leggera leggera, in proporzione al suo minimo peso. Quello che vi vado a raccontare ora è di come come avvenne che acquistò il suo canto.

Prendete un righello, uno di quelli di scuola. Mettete un dito dove incominciano le tacche e l'altro dito sul 10. Ecco: lo scricciolo, di solito, incomincia e finisce tra le vostre due dita. Anzi, visto che un centimetro è del becco e tre sono della coda (solitamente puntata verso il cielo come quella dei gatti), chi ne abbia visto uno dal vivo potrebbe pensare che siete stati pure abbondanti. Per necessità o per attitudine il nostro minuscolo amico è uno specialista del sottobosco. Non è un gran volatore, preferisce piuttosto camminare (o meglio, saltellare a piè pari) sul fondo della foresta, del bosco, della macchia o del giardino di casa alla ricerca di insetti, ragnetti, larve e altre prede di taglia minima. O anche bacche e semi, quando necessità impone. Lo si vede spesso (se lo si vede) intento a razzolare tra foglie cadute, arbusti, ceppi e radici o ad esplorare intrepido buchi e fessure, anfratti e tane, ammassi, mucchi e cataste. O a lanciarsi, come se fosse l'ultimo volo della vita, nel folto dei cespugli, a volte in cerca di cibo, più spesso in cerca di riparo. Detto tutto ciò, è facile capire come la neve e il freddo possano rendere difficile la vita di uno scricciolo. Ebbene, quell'inverno era purtroppo come questo: molto, molto freddo e con tanta, tanta neve. L'intera foresta era coperta sopra e sotto da un manto candido e scintillante, per arrivare a toccare il suolo e il suo confortevole tappeto di foglie ci sarebbe voluta una talpa delle nevi. I cespugli erano quasi impenetrabili, e a restare sotto al livello degli rami si correva facilmente il rischio di essere presi a palle di neve dagli alberi stessi. I torrenti e le pozze erano ovviamente ghiacciati, e perfino il poco terreno rimasto qua e là miracolosamente accessibile era gelato per parecchi centimetri sotto la superficie, e quindi di scarsa soddisfazione per un uccellino affamato. Per mettere insieme il pranzo con la cena, lo scricciolo della nostra storia, che per comodità potremmo chiamare Wren, aveva imparato ad appostarsi ai margini della strada che portava in città. Fin dalle prime ore del giorno il pesante traffico di carri e cavalli riusciva a rompere il ghiaccio e fino a tarda sera il viavai di cose, persone e animali ne impediva riformarsi. Rimanere schiacciati tra ruote, zoccoli e stivali non era difficile, ma il gioco valeva la candela.
Quella mattina, che era una mattina come un'altra, Wren l'aveva passata appunto setacciando il bordo strada. Finora il raccolto era stato appena appena discreto, ma proprio in quel momento si era presentata una cavità particolarmente invitante. Ci infilò la testolina, sperando di raccogliere qualcosa di succoso, e si sentì improvvisamente stringere alla gola da un laccio invisibile. Terrorizzato, reagì d'impulso scattando all'indietro, e se a prenderlo fosse stata la maglia di una rete o il laccio di un archetto caduto e abbandonato, quel movimento sarebbe bastato per perderlo per sempre. Invece, riusciva ancora a muoversi, seppur non proprio liberamente. Ruotando il capo prima a destra a poi sinistra riuscì a vedere che tutto il suo minuscolo collo era completamente circondato da una banda di metallo dorato. "Salve, giovane scricciolo" lo salutò una voce nella sua testa, "ti ringrazio di avermi raccolto". Questa volta l'istinto lo lanciò verso il folto bosco, ma il peso di quello che aveva al collo lo tirò verso il terreno e Wren si trovò di botto nella neve alta a rimirarsi le zampette sullo sfondo del cielo. "Buffo modo di volare, giovane scricciolo." riprese la voce "E' questo forse un tratto tipico della tua specie?"
"Chi sei!? Dove sei!?" replicò a viva voce Wren, appena recuperato un minimo di compostezza.
"Ma sono l'Anello del Re, mio caro, mi conoscono tutti. E credo di trovarmi giusto intorno al tuo collo, o almeno, questa è la mia sensazione.. Dal mio punto di vista, una sistemazione molto più confortevole rispetto al fango della via in cui il mio padrone mi ha smarrito un paio di giorni or sono, non c'è dubbio alcuno."

Risultò evidente quasi subito che di liberarsi dell'impedimento con una comune azione meccanica non ci sarebbe proprio stato verso. D'altra parte, la situazione non pareva affatto "comune". E chi, di conseguenza, avrebbe potuto fornire consiglio se non l'oggetto fuori del comune che l'aveva causata? "Signor Anello", espose lo scricciolo, "il peso della vostra consistenza è probabilmente meno di nulla per la possente mano del Re per cui foste forgiato, ma è un fardello insopportabile per un'anima di così piccole dimensioni come la mia. Volare mi è difficile, camminare faticoso, cacciare impossibile. In un inverno così duro, nel volgere di pochi giorni la Vostra Signoria si ritroverà nuovamente nel fango da cui l'ho sollevata, e con uno scricciolo congelato nel mezzo, per giunta. Quantomeno fino a primavera."
"Più che la taglia dell'anima qui conta quella del corpo che la ospita, e non sempre le due vanno di pari passo. Ma vedo il senso di ciò che tu dici. Ti suggerirei di provare a serrare la mia forma nella forca di un ramo o di una radice e quindi far leva con le zampe per liberarti.."
"Dubito, Signore, di riuscire a liberarmi in quel modo." replicò lo scricciolo "E se la forca si dovesse rinserrare oltre alla misura necessaria, è facile che al ramo o alla radice ci resterei, appunto, impiccato."
Seguì qualche secondo di silenzio, quindi: “Beh, sono solo un anello, dopotutto. Non è che ci si debba aspettare chissà quale trovata da parte mia. Sarebbe il caso, piuttosto, che tu mi riportassi dal Re mio padrone, lui di certo saprà consigliarti per il meglio..”
Questa volta fu lo scricciolo a prendere tempo prima di rispondere. "E sapresti tu dirmi, Signore, dove lo potrei trovare, io, il tuo Re e padrone?"
"Ma certamente, mio caro. A palazzo, e dove se no?"

Il consiglio in sé aveva una sua validità, per quanto l'anello, naturalmente, non avesse la benché minima idea di dove il palazzo fosse ubicato o di come lo si potesse raggiungere, A tal proposito, tuttavia, si poteva contare sull'aiuto dei molti uccelli che vivevano un po' nel bosco un po' in città. In linea di principio, almeno.
Per prima cosa, avrebbe chiesto in dormitorio.
D'inverno, quando fa freddo freddo freddo, gli scriccioli si riuniscono tutti insieme per passare la notte. Si ritrovano in vecchi nidi o in vecchie tane abbandonate, a volte basta una cavità in un albero o nel terreno. Di solito ognuno sta con la propria famiglia, magari con l'aggiunta di quella del vicino. Ma ci sono posti dove si radunano anche cinquanta e perfino sessanta pennuti, tutti in una volta. Come a dire: più siamo, più caldo ci teniamo. Quello è un dormitorio.
Come è da aspettarsi, gli scriccioli pensano come vivono: a scatti. Mantenere la loro attenzione su uno stesso argomento per più di pochi secondi non è cosa facile. Tuttavia, il nuovo ornamento da collo di Wren riuscì a restare al centro della conversazione per il tempo necessario a raccogliere qualche informazione. Uno scricciolo conosceva dei merli che conoscevano delle cince che erano molto amiche di alcune gazze che frequentavano il palazzo, per lavoro dicevano. Raccontavano che l'ala sud della corte si apriva su una vasta area di giardini, dove anche di questa stagione il Re si avventurava di frequente, spesso in compagnia della giovane figlia. Raggiungere quei giardini sarebbe stato un buon primo passo, e anche una piccola impresa, viste le difficoltà di movimento dello scricciolo. Praticamente in risposta alla questione, l'anello intervenne: "Se posso.." esordì. All'istante, tutti i presenti nel dormitorio zittirono e si voltarono a fissare Wren, o meglio, a fissare il collare di cui anche loro, evidentemente, avevano sentito la voce. "..nelle terre del nord si racconta che uno scricciolo, tanti e tanti anni fa, riuscì a conquistare la corona di re degli uccelli sconfiggendo nientepopodimeno che l'aquila in un torneo di altitudine.." La platea taceva ancora, attenta. "Si issò, si dice, sul dorso dell'aquila, passando del tutto inosservato in virtù del suo esiguo peso, e quando l'aquila raggiunse la sua quota più alta lui poté partire da quella posizione, aggiudicandosi in tal modo la contesa." La platea continuava intempestivamente a tacere... “Intendo dire che il mio portatore potrebbe domandare un passaggio ad un altro volatile di dimensioni maggiori..” Dalla platea si sollevò quello che tra gli uomini si sarebbe definito un mormorio di approvazione. “Io conosco un'aquila, io conosco un'aquila!” esclamò sonoramente uno dei giovani. “Io conosco un'aquila, io conosco un'aquila!” proseguì.
“Non il più brillante della nidiata, direi.” osservò sommessamente l'anello.
“La vie della necessità sono spesso misteriose, mio Signore.” rispose lo scricciolo della storia.

“Non è un'Aquila!” ebbe a che ridire Wren.
“Sì che è un'Aquila.” replicò il giovane.
"No che non lo è."
"E invece sì"
"Le aquile sono marroni."
"Quelle marroni. Le altre no"
"E sono più grosse."
"Questa è un'Aquila Nana."
"E' un Corvo"
"E' un'Aquila
"Insomma, Signori" sbottò l'oggetto della disputa "sono una Cornacchia Grigia, e sono senz'altro meno lugubre di qualunque Corvo e più intelligente di qualunque Aquila. Se non vi dispiace."
"Ti avevo detto che non era un'Aquila"
"Però ci assomiglia".
"No che non ci assomiglia."
"E allora!!" intervenne nuovamente la Cornacchia Grigia.
Ci volle tempo e pazienza, ma alla fine i fatti furono esposti e la richiesta di trasporto formulata. Mantenendo fede alle sue affermazioni, e non ai nostri pregiudizi, la Cornacchia Grigia si mostrò subito acuta e disponibile. "A poca distanza dal palazzo si trovano le scuderie reali, dove siamo ben tollerate. Fin lì vi porterò, e non oltre, poiché più avanti offriremmo un bersaglio fin troppo facile a chiunque volesse provare la propria abilità con una freccia, un sasso, o magari anche una scopa. Dalle scuderie ai giardini è una questione di pochi balzi, anche per uno scricciolo e un anello. E chissà che magari il Re non vi risparmi la fatica decidendo di andare a cavallo proprio oggi."

Così fu detto, e così fu fatto. Salutata la Cornacchia, i due si diressero verso un gruppo di umani dal piumaggio vistoso e colorato (si chiamano "vesti", precisò l'anello) scorti dall'alto durante il sorvolo. Raggiungerli fu un gioco da ragazzi, ma i guai incominciarono subito dopo. Wren balzò al fianco del capofila, e sprofondò nella neve, perso al mondo. Si lanciò in piena vista e, come era capitato la prima volta, il peso che si portava appresso lo precipitò dabbasso, di nuovo nella neve. Zampettò in mezzo alla traccia che faceva da sentiero e riuscì prima a farsi quasi calpestare dagli uomini e poi a farsi inseguire dai cani, che per fortuna erano cani da compagnia e non da caccia. Sfarfallò fin dentro ad un cespuglio, ma il ghiaccio e, ancora, la neve lo tennero all'interno, invisibile. "Canta, mio buon amico, canta. Se non riesci a farti vedere, cerca almeno di farti sentire.." gli suggerì, quasi gli intimò, l'anello. Lo scricciolo cantò, ma la sua voce si perse nel chiacchiericcio dei viandanti, nel rumore della marcia, nel niente.

Il sole aveva appena superato il punto più alto della sua parabola quando arrivarono a palazzo, c'era ancora tempo.
"Qual'è la finestra, Signore?"
"Guardando a mezzo dei tuoi occhi, quella centrale, direi. Se la memoria non mi inganna."
Scalare il rampicante che copriva la facciata del palazzo fu una delle cose più faticose che lo scricciolo avesse mai tentato, ma anche quell'impresa, alla fine, andò a termine. Saltellò sul davanzale fino ad arrivare a un punto in cui fosse possibile sbirciare all'interno attraverso i quadretti in cui la finestra era stata suddivisa. Si chiamavano "vetri", secondo l'anello.
"Sono lì, li vedo." esclamò quest'ultimo, che stava evidentemente continuando ad osservare dagli occhi del portatore. Wren sbatté le ali, picchiettò sui "vetri", cantò, saltò, e poi fece tutto quanto un'altra volta, e un'altra ancora. Niente: lo scricciolo restava ignorato, invisibile ed inudito.
"Abbiamo, per caso, un altro piano di riserva?" domandò alla fine, stanco e un tantino avvilito.
"A dire il vero sì, amico mio, ma al momento mi sembra prematuro parlarne. Anche perché, se non mi sbaglio, stiamo per ricevere aiuto.."
"E da chi, di grazia?"
"Da me, direi." dichiarò qualcuno alle sue spalle.
Wren si voltò in direzione della voce: "Cornacchia Grigia!"
"Proprio io. Mi par di capire che i vostri tentativi finora non abbiano riscosso il successo sperato.."
"A dir poco. Ma tu che ci fai qui? E le frecce? I sassi?"
"Mi stanno ancora cercando. Ma non mi sembrava bello abbandonare voi due dilettanti qui a cavarvela da soli."
"Salta sul cornicione, allora. Grande come sei ci vedranno di sicuro..."
"Non se ne parla neppure, io sono ancora un visitatore non gradito quaggiù.."
"E quindi?"
"Quindi, adesso venite con me.."

Erano in un'area più interna dei giardini. C'era una fontana, in gran parte ghiacciata, ma non del tutto. C'erano un bel po' di cespugli, di quelli che nella loro stagione si caricano di cose buone. C'erano anche parecchi alberi dello stesso tipo, con degli aggeggi evidentemente costruiti dagli uomini che pendevano dai rami. Qualcuno sembrava una casetta con la porta aperta. In mezzo allo spiazzo, in piena vista, si alzavano una serie di trespoli, piattaforme e ambaradan il cui proposito era un mistero. Tutto intorno era un concerto di canti e di voli di cince, passeri, fringuelli, regoli, pettirossi e tanti, tanti altri colleghi, anche di quelli che vengono da lontano. Quasi un intero piano del palazzo dava su questo giardino attraverso una fila interminabile di finestre con i "vetri".
"Ma che posto è, questo?" domandò Wren.
"Mentre vi tenevo d'occhio," rispose la Cornacchia "mi sono imbattuto in un gruppo di cinciarelle che mi ha raccontato di questo giardino. Il Re, credo per la figlia, ha messo insieme tutto questo spettacolo ad uso e consumo di voi uccelletti, che siete tanto simpatici e belli a vedere. Quelle cose piantate nel mezzo dello spiazzo sono delle mangiatoie, vale a dire dei posti dove gli umani giardinieri spargono del cibo che poi voi potete andare a spazzarvi via con comodo. Inutile dire che anche qui io sono bene accetto come un serpente nel nido."
"E quindi?"
"Ma sai dire solo 'equindi' ? Equindi, quasi tutte le sere, il Re e la figlia passano dietro a quelle finestre e si soffermano per un po' a rimirare il giardino. Se riusciamo a piazzarti in prima fila su di una delle mangiatoie non potranno non vederti, praticamente sono lì per quello. E il gioco è fatto."
"Geniale!" affermò l'anello "e come ci arriviamo lassù?
"Nel solito modo: sulle mie spalle."
"Aspetta, aspetta!" gridò Wren alla Cornacchia che si stava prudentemente, e piuttosto precipitosamente, allontanando dopo aver sbarcato i suoi passeggeri. Il pennuto grigio virò controvoglia e si portò a volteggiare sopra alla mangiatoia. "Che c'è adesso?"
"E se il Re stasera non passa?"
La Cornacchia virò di nuovo e si allontanò tra gli alberi.
"Guarda Papà, guarda quell'uccellino piccolino sulla mangiatoia. Che cosa ha intorno al collo?"
"E' uno Scricciolo mia cara. Aspetta, fammi vedere..." il Re strizzò un tantino gli occhi, aveva notato che in quel modo tornava vederci bene quasi come una volta. Anche se durava solo un attimo.
"Sembrerebbe un anello" aggiunse la principessa..
"Perdiana, sembrerebbe IL MIO anello! Presto, che qualcuno mi porti il mantello! Presto, prima che voli via!"
Wren balzò sulla mano del Re protesa appena sotto alla mangiatoia. La testolina si piegò verso il basso all'atterraggio e l'anello si sfilò senza nessuna difficoltà, cadendo nel palmo aperto. Era stato imbrogliato! Quel maledetto cerchio di metallo poteva allargarsi e stringersi come meglio credeva! Era stato imbrogliato e usato come mezzo di trasporto e fattorino.
"E' vero, mio caro" gli confermò la solita voce. "Ma che altro avrei dovuto fare: in fondo sono solo un anello.."
Prima che lo scricciolo riuscisse a mettere insieme una risposta sufficientemente saporita, fu il Re ad intervenire.
"Frena la tua furia, piccolo amico, poiché essa è priva di destinazione. Non è nella natura di un anello comprendere il bene e il male o valutare le conseguenze delle proprie azione. Un anello compie ciò per cui è stato forgiato, e questo è quanto."
Negli anni, ripensando a questa storia, a Wren sarebbe sorto più di un dubbio sull'affermazione Reale, ma al momento questa ebbe l'effetto di far evaporare la sua ira come nebbia al sole. Dopotutto sarebbe stato come arrabbiarsi con la pioggia perchè bagna o il sole perchè scalda. In effetti lo facciamo tutti, ma è meglio non vantarsene troppo.
"Diversa è la questione per il Re, naturalmente..." continuò. "L'anello mi ha raccontato delle traversie che avete affrontato. Per essere notati, in particolare, e penso che si imponga un qualche genere di risarcimento. Non è in mio potere donarti più visibilità, e anche se lo fosse non credo che lo farei: ti sarebbe più di impiccio che d'aiuto nel vivere la tua vita d'ogni giorno. Ma è mio potere far sì che chiunque abbia orecchie per udire possa, d'ora in avanti, riconoscere uno scricciolo anche a grandi distanze, se lo scricciolo avrà voglia di cantare. Ora va, libero, piccolo amico, e porta con te la gratitudine del Re. La mia casa è la tua casa." Detto questo, lanciò lo scricciolo in aria. Con la coda dell'occhio Wren notò che la mano ora indossava l'anello. Planò a terra dopo un breve tratto e, senza sapere bene cosa aspettarsi, provò a cantare. Gli altri uccelli tacquero. Gli umani tacquero. Le foglie sugli alberi smisero di stormire. Il vento si fermò. Le nuvole, in alto, interruppero il loro viaggio. Tutto l'universo parve sospendere ogni attività per ascoltare quel primo canto, che nessuno avrebbe più dimenticato.
"E con questo siamo pari, direi." pensò l'anello.

Ecco come fu che lo scricciolo ottenne il suo canto, che a qualcuno ricorda il suono del ghiaccio che si scioglie, a primavera.

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