Piccioni


I piccioni non sono molto belli, con quel colore grigiastro che non dice niente. In più sporcano. E puzzano. E trasmettono malattie, o almeno così si dice. Hanno una voce monotona e fastidiosa, che ti fa capire subito che loro no, non sono animali intelligenti. Per non dire dell'espressione, o di quell'andatura dondolante... Noè aveva mandato un piccione a vedere se le acque si erano ritirate, ma poi si è scritto colomba perchè il piccione non si può, è impresentabile. Il piccione della pace? Ma figuriamoci. Cochi e Renato dovevano cantare del piccione, ma poi si era preferita la gallina, perchè in fondo è più simpatica.
Si moltiplicano senza ritegno, nidificano nei posti più fastidiosi e poi sfrattarli e rimettere tutto in ordine costa un occhio. Non hanno neanche i piccoli, diamine. I piccoli mettono sempre tenerezza: almeno un po' carini lo sono tutti, è matematico. E invece no, niente, neanche quelli. Cioè, li hanno, ovvio. Ma quando escono dal nido e finalmente li vedi sono già praticamente indistinguibili dagli adulti; grigi e insulsi. Gli unici piccioni che abbiano mai fatto qualcosa di buono sono stati i piccioni viaggiatori, al loro tempo. Ma oggi, nell'epoca dove perfino la posta elettronica sembra troppo lenta, i piccioni viaggiatori li trovi solo nelle vignette e nei cartoni animati, e non fanno una gran bella figura neanche lì.
Insomma, diciamocelo francamente: a nessuno piacciono i piccioni.
Neanche ai piccioni, o almeno non a tutti. E sicuramente non al piccione della nostra storia.
Non che lui si fosse mai fatto troppe domande sulla posizione del piccione nel grande cerchio della vita, e quando mai... Prima, almeno. Poi aveva festeggiato il suo sesto compleanno, ed era ufficialmente diventato un piccione cittadino di mezza età. E come tutti i cittadini di mezza età era incocciato nella sua crisi di mezza età. Qual'è il senso della vita, che ne ho fatto della mia, cosa ne dovrei fare, dove sono arrivato, dove voglio arrivare, se ci arrivo poi a che ora mi libero... Le solite cose che ci siamo chiesti tutti quanti prima o poi, con le solite conseguenze: inappetenza e/o fame nervosa, poca voglia di lavorare, considerevoli difficoltà di concentrazione e un desiderio irresistibile di raccontare i propri problemi a tutti quelli che ci circondano. I quali, ovviamente, prendono ad evitarci come l'aviaria, cosa che normalmente genera anche una sana sindrome da isolamento, qualche disordine della personalità di tipo sociopatico e magari in una bella paranoia vera e propria. Ma fermiamoci un attimo prima, perchè anche i piccioni hanno degli amici..
- Lo so, capita anche a me, ti capisco benissimo. - dice l'amico.
- Davvero?
- Certo che no, ma scherzi? E chi ti capisce a te? Sei un bel piccione... beh, bello forse è troppo. Comunque hai due ali, due zampe e tutto quello che serve. Dal poco al troppo sei anche in salute. Quando serve un tetto sulla testa ce l'hai, non fai la fame, nessuno ti spara addosso. Sei un ragazzo fortunato, insomma. Dovresti stare contento, no? Invece, guardati: sei un'autentica Pittima. Il che, per un piccione, è anche ridicolo.
- E questo sarebbe il senso della vita, secondo te? Tutto qui?
- Voli. Ti sembra poco? Metà del mondo darebbe un occhio e una gamba per poter volare.
- Le Aquile volano. I Gabbiani volano. Anche le Rondini volano. Noi al massimo svolazziamo.
- Tu svolazzi. Io volo rapido e potente. I nostri antenati vivevano sulle scogliere, tra il mare e il vento, e noi siamo costruiti per volare agili e sicuri anche in condizioni estreme.
- E invece voliamo tra un sottotetto e un giardino pubblico. Anzi, svolazziamo.
- Senti: io sono un piccione maschio. Se hai un problema ne parliamo, troviamo una soluzione, la mettiamo in pratica e poi andiamo al parco a vedere se qualcuno ha buttato via una lattina con ancora un po' di birra. Se invece hai bisogno di sfogarti, trovati un piccione femmina oppure un gruppo di terapia. A seconda di quanto sei messo male.
- Spiritoso. E quale sarebbe questa tua soluzione da mettere in pratica? Se ne hai una, s'intende.
- Parlane con il Grande Saggio del Broletto.
- E che soluzione è? Hai solo rimbalzato il problema a qualcun altro. Che oltretutto non esiste neppure.
- Cosa che, per me, costituisce una soluzione ragionevole ed efficace. E poi il Grande Saggio del Broletto esiste e riceve sul campanile del Duomo, perchè gli piace stare in alto. Mio cognato aveva un problema che adesso non mi ricordo, ma era importante perchè non riusciva più neanche a dormire di notte. Bene, ci è andato, lo ha trovato e ci ha parlato.
- E adesso come sta?
- E' morto. L'ha beccato il falco appena fuori al Duomo.


Entrare nel campanile era diventato praticamente impossibile, tra reti, griglie e dissuasori. Neanche al padreterno i piccioni piacevano più di tanto. Con il Falco in giro sarebbe stato meglio passare dall'interno, ma alla balconata che il Saggio aveva scelto per le udienze ci si poteva accedere anche dall'esterno. O almeno, così si diceva. E si diceva anche che da lassù si godesse della vista ispiratrice delle montagne sulle cui vette il Saggio aveva studiato e, alla lunga, visto la Luce. Ma anche no, non c'era uniformità di opinioni a proposito.
Volando con la paura del Pellegrino quasi non era accorto del piccolo gruppo di piccioni in attesa sulla seconda balconata superiore. Con una brusca virata si portò a livello e scese lì accanto. - Siete qui per il Saggio?
- E per chi se no? Prendi il numero.-
Prese un biglietto con sopra stampati dei numeri da un mucchietto in un angolo.
- Ma sono dei numeri a caso..
- Sì, li troviamo davanti a una ricevitoria del lotto in galleria. Ma non ha importanza perchè tanto lui chiama come gli pare. Quando hai finito rimettilo nel mucchio.
Date le circostanze, si mise in fila senza fare altre domande. Dopo un po', un bel po' a dire il vero, da dietro ad una colonna sbucarono un paio di piccioni intenti in una fitta conversazione. Arrivati alla platea l'uno salutò l'altro con reverenza e tornò nel gruppo. Quello rimasto fuori esaminò gli astanti con un'occhiata e fece la sua chiamata.
- Tu, là in fondo che numero hai? -
- Chi, io? - domandò il nostro.
- Sì tu: che numero hai? -
- Sul biglietto ce ne sono parecchi.
- Bene, stiamo servendo proprio quelli. Fatti avanti e specifica la natura della tua emergenza esistenziale.

Il piccione della storia, che per comodità a partire da questo punto chiameremo Marvin, guardò per l'ennesima volta l'orologio della torre. Non proprio vicinissimo, ma comunque ben visibile. Non si poteva sbagliare: l'ora era quella, più o meno. Come suggerito dal Saggio, o forse si dovrebbe dire ordinato, planò sul ciottolato della piazza del Duomo e attese il segno che gli si sarebbe mostrato "se avesse avuto occhi per vedere". Le vie del Signore erano già infinite, che bisogno c'era di farle pure misteriose? Passò qualche minuto, senza fretta. Poi un'ombra sinistra si levò alle spalle del piccione, sovrastandolo ed oscurandolo. Marvin si voltò per affrontarla, ritrovandosi di fronte a un piccolo d'uomo, intabarrato in una di quelle livree dai colori improponibili che gli umani possono mettere e togliere a piacere. Quella, in particolare, si alzava fino a coprire parte della testa, e aveva del pelo sul bordo che sembrava sfuggire dall'interno. Vabbè, pensò, non tutti i gusti san di miglio.. Il piccolo, intanto, era arrivato a portata di mano e stava appunto protendendosi per afferrare il piccione. Istintivamente, Marvin aprì le ali e con un paio di colpi si allontanò di una buona misura. Istintivamente, il bimbo si girò nella sua direzione e riprese l'inseguimento. Mantenendo tutta la dignità possibile Marvin lo menò per un po' su e giù per la piazza e poi, dribblando anche un tentativo di raddoppio di marcatura, partì in volo per andarsi a posare, infastidito, su di un cornicione sovrastante.
- E questo cosa sarebbe? - lo interrogò uno dei piccioni che già stavano lì.
- Questo cosa?
- Scendi giù, fai quattro passettini di qua, quattro di là e poi te ne vieni via..
- E allora?
- E allora i bambini sono rimasti delusi..
- E allora?
- E allora che ci sei venuto a fare qui, santo cielo?
- Be, io ho solo parlato con il Saggio del Brole..
- Osignur, un altro! - lo interruppe bruscamente - Aspetta aspetta aspetta, non voglio sapere niente. Vieni giù con me e fai quello che faccio io.Tornarono giù, sul selciato. I bambini li notarono subito e ripresero con i loro tentativi di approccio, mentre gli adulti, carichi di borse e cartelle, li guardavano da poco lontano. Divertiti. Questa volta i piccioni, uno di sua iniziativa e l'altro per imitazione, si accontentavano di mettersi fuori portata con qualche buffa corsetta e, al massimo, col solito colpo d'ala. Poi si fermavano e si voltavano ad osservare gli inseguitori, con quella strana piega della testa che ti impone la vista laterale e che sembra quasi curiosità. I bimbi si avvicinavano, loro si scostavano e la cosa continuava così, in un circolo che non portava nessuno veramente lontano da nessun altro. Poi, uno degli adulti cavò fuori qualcosa da una sacca, si avvicinò al suo piccolo e incominciò a sbriciolare quel qualcosa ai suoi piedi. Uno dei due piccioni si avventò sulle briciole come se fosse a digiuno da mesi. - Che aspetti? - Gridò dopo qualche beccata - gli altri arriveranno in un..
Marvin non seppe mai in che cosa sarebbero arrivati gli altri, chiunque questi altri fossero, perchè in quel preciso momento fu travolto da uno stormo di piccioni che si precipitava a partecipare al banchetto. - Calma, calma - invitava il suo amico - non c'è bisogno di spingere. I bambini si dimostravano divertiti dalla competizione, qualcuno batteva perfino le mani e tutti, in un modo o nell'altro, ridevano e cercavano di partecipare alla baruffa. Qualcuno degli adulti portò altro cibo da sbriciolare, uno arrivò con un sacchetto di riso trovato chissà dove e prese a porlo nel palmo delle mani.
- Salta!
- Cosa?
- Salta!
- Dove?
- Sulle mani! Salta!
I due piccioni saltarono su a beccare il riso offerto, altri li seguirono posandosi sulle braccia e sulle spalle dei loro benefattori. Comparvero le macchine fotografiche, i telefonini. Tra adulti bambini e piccioni si era ormai formato un allegro capannello.
- Possiamo andare - propose l'altro - qui oramai va avanti da solo.
E senza por tempo in mezzo, decollò per andarsi a posare sullo stesso cornicione da dove era partito. Marvin gli volò appresso.
- E che sarebbe tutto questo teatrino?
- Quale teatrino? - ribattè l'altro
- Quello che abbiamo fatto in piazza..
- Ma che teatrino, quello è il senso della vita, testone.
- Eh?
- Il senso della vita, il significato di tutte le cose, la risposta a tutte le tue domande, cos'è che non capisci?
- Niente. Cioè tutto. Insomma, se c'era qualcosa da capire io me la sono persa.
- Allora ti aspetto domani alla stessa ora che lo rifacciamo. E cerca di essere più attento..



Il piccione che gli altri chiamavano il Saggio del Broletto si affacciò alla balconata per osservare il cortile del Duomo.
- Stai ancora facendo la cosa tipo "metti la cera, togli la cera"? - domandò all'altro.
- Come puoi vedere..
- E...
- E se la cavano benissimo, anche senza di me ormai..
- E..
- E che cosa? ... Senti, vorrei proprio che tu la smettessi di mandarmi animali in crisi esistenziale.
- Ma sei così bravo..
- E loro sono così deprimenti. Hai la fortuna di essere un piccione, uno degli animali più amati del mondo, tutti ci fotografano, tutti ci portano da mangiare, tutti vogliono giocare con noi. Cosa sarebbero le piazze del mondo senza di noi?
- Per non parlare dei monumenti...
- Giusto, i monumenti.. Comunque, dicevo, hai questa fortuna. Puoi regalare un po' di felicità, puoi rendere il mondo un posto un tantino migliore... E loro cosa fanno? Si deprimono. Si avviluppano. Si nichilizzano.
- Quelli qui giù mi sembrano più contenti, adesso.
- Un po'. Non è che ci voglia molto
- Non belli i piccioni sono, ma possente in loro la forza scorre. - sentenziò il Saggio.
L'altro non aggiunse altro per un attimo o due, poi domandò - Lo fanno ancora il cinema all'aperto da te?
- Quest'anno non si sa. Ma speriamo di sì, ormai non si capisce più niente.