Al campo del Munton

 

Al campo del munton

MARTEDI’

Dal mio punto di vista, la cosa era cominciata quando un mio amico di Borgolavezzaro mi aveva chiesto di accompagnarlo ad un campetto appena fuori paese, “Il campo del Munton” si chiamava.
Il “Munton”, in pratica, non era che un piccolo campo abbandonato che con il tempo aveva preso a rinaturalizzarsi, come spesso avviene dalle nostre parti. Se per una ragione o per l’altra si smette di coltivare, qui da noi, in un attimo tornano erbe ed erbacce. Poi i cespugli, tipo rovi, sambuchi, biancospini, tutta quella roba lì insomma. Aspetta ancora un po’ e spuntano anche le prime piante: robinie, pioppi, farnie, aceri, eccetera eccetera. E sei dai tempo al tempo, l’intero appezzamento ti diventa un bosco, o almeno un boschetto. Il tutto al netto dell’immondizia, che quella non fai neanche in tempo a voltarti ed è già lì.
Ad ogni modo, il mio amico (e l’associazione culturale locale di cui faceva parte) si era messo in testa chissà perché di dare una mano a madre natura a riappropriarsi di quel pezzo di pianura padana. Tutti insieme si erano quindi adoperati per comprare l’area e ripulirla dei detriti e schifezze varie che i soliti ignoti avevano già trovato modo di mollare sul posto. Poi si era diradato il bosco di robinie, piantumando quindi con essenze autoctone tipo farnie, aceri, olmi, frassini, ciliegi, biancospini e, ovviamente, qualche eccetera eccetera. Avevano quindi scavato un laghetto, gli altri scavano le piscine e loro un laghetto, pensa te. Attorno al laghetto avevano piazzato pioppi, ontani, salici e saliconi. In totale era diventato un bel posticino, anche perché con il tempo al primo campo si erano aggiunti altri microappezzamenti che ne avevano aumentato sensibilmente le dimensioni.
Però adesso non mi ricordo più perché ho incominciato questo discorso.
Ah già, i tassi. Al “munton” avevano trovato delle tane di tasso e durante i lavori si era fatta ben attenzione di non arrecare disturbo agli inquilini o di causare motivi di rimostranza alcuna. Dopotutto erano ospiti graditi, ed erano anche arrivati per primi, per giunta.
E perché no, mi ero detto io. Mai fotografato un tasso in vita mia. Anzi, non saprei neanche dire che faccia abbiano.

MERCOLEDI’

Il primo sopralluogo lo facciamo di giorno, di Tassi neanche l’ombra (tranquilli: è notturno, mi sono documentato) ma a me interessa vedere il posto e gli ingressi delle tane. La location, dovrei dire. Bosco e sottobosco sono venuti su bene, in effetti. Beh, la mano dell’uomo un tantino si vedeva, ma non troppo. Il mio compare si fermava ogni tre passi a descrivermi cosa era stato fatto qui, cosa era stato fatto là, eccetera. Arriviamo al “munton”, al mucchio. Dove ci sono le tane. Le tane di tasso sono più da immaginare che da vedere. In superficie appare solo un certo numero di buche, tre o quattro in genere, ma anche 8 o 10. Buche di buone dimensioni, 30-35 centimetri di diametro per intenderci, da rompersi una gamba se non si sta attenti. Davanti alla buca c’è il mucchio di terra dello scavo, attorno spesso e volentieri le “toilette” del tasso, che è un animale molto pulito e si guarda bene dal farla in casa. E’ sotto terra, però, che c’è il grosso del lavoro. Ci possono essere fino a duecento metri di tunnel, e anche 50 camere ipogee tra finte e vere. Potevo anche dire “sotterranee”, ma non è che poi capiti tutti i giorni di poter usare la parola “ipogee”. Comunque, il numero dipende da quanto è da quanto è pericolosa la zona e soprattutto da quanto è vecchia la tana. Se l’insieme è soddisfacente la tana può venire abitata per generazioni e generazioni, si dice anche per centinaia di anni e da più di una famiglia contemporaneamente. C’è tutto un gioco di gerarchie tra sito principale, siti annessi, rifugi temporanei eccetera. Parte della tana può essere anche presa in subaffitto da una volpe, ma in questo caso ognuno userebbe ingressi e locali separati. Vabbè la tolleranza, ma a tutto c’è un limite. Le camere sotterranee possono essere piccole o grandi, fino a 60-70 centimetri di diametro di solito, ed un mezzo metro di altezza. Tutte le stanze in uso corrente contengono una lettiera, fatta di paglia e di foglie. Anche se non entrano mai davvero in letargo, i tassi dormono parecchio. Di solito nel sito principale, dove si allevano anche i piccoli e si passa la maggior parte del tempo al coperto, ma a volte in tane stagionali o anche nei rifugi di emergenza. Dipende. E torniamo a noi: la comunità qui sembra tutto sommato abbastanza piccola. Prendo nota di un paio di postazioni interessanti, abbastanza vicino a due ingressi che mi sembrano più utilizzati di altri (ma potrebbe essere un trucco) da poter osservare e filmare, ma non troppo da arrecare disturbo anche con la sola presenza. I tassi hanno sensi molto fini, e praticamente tutti i sensi, per giunta. Beh, la vista un po’ meno. Posso anche piazzare un paio di trappole nei dintorni, è poco sportivo ma molto utile: un paio di fotocellulle e un paio di macchine e flash remoti e mi sono fatto l’autovelox per tassi. La piazzetta qui davanti è l’ideale per sistemare il set: luci, esche (di nuovo, passatemi il termine) cavi e cavetti. Meno male che sono in territorio amico, metterò giù tutto l’ambaradan nel pomeriggio e lo lascerò fino a domani sera. Speriamo che basti per farli abituare. Anche perché fin che ho giù la mia roba io devo restare nei paraggi. Territorio amico sì, ma a tutto c’è un limite.. Pensavo di portare anche una telecamera montata sopra alla macchinina radiocomandata, è una vita che la voglio provare e poi per una ragione o un'altra non lo faccio mai.

E per il momento basta così, allora. Il resto a domani.

VENERDI’

La roba piazzata ieri è ancora sul posto, dopo più di trenta ore. Quasi un record di Bell’Italia. Il vento tira dalle tane, il sole è ancora alto nel cielo ed i tassi stanno ancora presumibilmente dormendo. In totale, un ottimo momento per prendere posto. Mi infratto con il grosso dell’attrezzatura, nascondendomi dietro ai teli già stesi. Ho tutta la luce del giorno per piazzare il materiale, un confort a cui non sono più abituato, ormai. Faccio le cose con calma, mi metto comodo e aspetto. Zanzare a parte, è una pacchia.
E anche il sole se ne è andato, adesso sono rimasto proprio da solo. Sempre zanzare a parte. Sono anche riuscito a fare qualche bella foto, qualche cincia, qualche fringuello. Perfino un gufetto particolarmente mattiniero. Secondo i suoi standard, intendo. Ma adesso è il momento di concentrarsi sul campo principale della serata. Tra poco, signori e signore, farà la sua comparsa la star del momento, l’attrazione dello spettacolo, l’attore protagonista: Sua eccellenza il Tasso.
Ma quanto ci mette, insomma? Dovevo portarmi dietro la mia amica che quando dice mi piacerebbe vedere la Cicogna Nera, zap ti appare la Cicogna Nera. E se dice voglio vedere un Fischione, zap ti appare un Fischione. Ma quella ha sempre qualcos’altro da fare quando c’è bisogno. Io speriamo che me la cavo lo stesso.
Eccolo! Bastava il pensiero allora. E’ buona norma non far partire i fuochi d’artificio a prima vista, ma aspettare che l’animale prenda un po’ di confidenza. C’è probabilmente tutta una famiglia che aspetta al riparo della tana, se spavento papà me li gioco tutti. O mamma? Ne approfitto per un po’ di osservazione e qualche scatto silenzioso. Dio benedica la tecnologia.
Ci sono due piccoli, un classico. Hanno ancora un po’ di pelliccia infantile, di una specie bianco sporco, ma cominciano già ad assomigliare ad una versione in miniatura degli adulti, con le strisce in testa e tutto. Siamo a fine aprile, devono essere nati verso fine febbraio, primi di marzo. A questa età non si allontaneranno molto dalla tana. Bene. Ma come sono carini. Certo che hanno proprio una faccia fumettosa, fossi al posto della Disney non mi farei scappare l’occasione. Strano che non ci abbia ancora pensato nessuno. Mi ricordo solo un personaggio della compagnia del bosco o quello che è e forse una specie di casta di guerrieri-tasso cattivissimi di un videogioco. Cattivissimi: ma come si fa? Eppure ho letto da qualche parte che in Giappone hanno i perfino Tassi Mannari. Altra cultura. Vero è che come bestia non è da prendere proprio sottogamba: fa sempre una decina di chili di muscoli, denti ed unghioni. Servono per scavare fuori radici e tuberi, ma anche vermi e larve, o catturare piccoli mammiferi, insetti, serpenti. Perfino vipere, visto che è immune al loro veleno. E per difendersi dai predatori, ovviamente, mica per niente lo trattano con il dovuto rispetto anche volpi e lupi. Chissà se e vero che in America va a caccia in gruppo con i Coyotes. Guarda come giocano questi.. acchiapparella, nascondino.. un po’ come i gatti. Divertitevi fin che potete, ragazzi, che l’autunno arriva in fretta e vi toccherà di crescere di corsa per passarlo interi. La luce se ne va, meno male che l’elettronica mi amplifica ancora quel poco che c’è. Speriamo che i riflessi degli schermi non mi tradiscano.. Basta cincischiare, comunque. Ora che sono tutti allo scoperto posso provare qualche scatto serio. Ho disposto i flash in maniera che non ci siano punti di luce diretta facilmente identificabili. Dovrebbe assomigliare ad un carosello di lampi da temporale lontano. Più intenso, forse, ma più silenzioso visto che a me il tuono non serve. Chissà cosa ne pensano i tassi dei temporali. Flash. Riflash. Di nuovo.

Beh, era mia intenzione non essere particolarmente intrusivo, anche perché non è proprio etico. Ma non mi aspettavo tutta questa indifferenza. Meglio così, ho anche il tempo per cambiare un obbiettivo per provare un’altra cosa.. Mi abbasso per pescare nella sacca, e quando mi rialzo mi trovo un bambino che fissa nel display della reflex bassa.
- E tu da dove ca... diavolo sei spuntato? - gli strillo contro appena mi ripiglio dallo spavento. Panico. Sbircio in macchina: alla luce del visore notturno i tassi sono all'erta, collo dritto, naso all'aria, orecchie tese. Il bambino mi fa segno di stare zitto. Intanto, mi accorgo, sta scorrendo rapidamente le foto già fatte. Passa un minuto o due di eternità, poi, finalmente, gli animali sembrano tranquillizzarsi. Anche se non del tutto.
- Certo che sei bravino, sai - mi risponde l’altro con la voce da adulto. Altro che bambino, è un nano questo. E da dove è arrivato?
- Shhhhh - intimo io, questa volta.
- Oh. No, non serve. Mi conoscono.
In effetti i tassi non mostrano ulteriori segni di nervosismo. Anzi, sembrano quasi più rilassati di prima. Con solo il display della reflex a farmi da lampada, studio il nuovo arrivato. Capelli ricci, corti, una faccia rotonda vagamente familiare. Devo averlo già visto da qualche parte. Forse al circolo qui a Borgo. Mi sembra di vedere qualche traccia di grigio nella capigliatura. Sì, decisamente. Caspita, sarà anche alto un metro e un euro, ma in effetti non mette giovane per niente, anzi. Ha su una giacchetta marrone coi bottoni dorati. In un bosco! E mi sembra di intravvedere anche un panciotto, giallo se non sbaglio. E dei pantaloni in velluto verde, non poteva essere diversamente. Questo o è la versione in miniatura di un signorotto di campagna inglese o è più fuori di un balcone. Non riesco a vedergli le scarpe, ma giurerei che abbia addosso dei doposci pelosi o degli stivali col pelo fuori. Ossignur, speriamo che non sia pericoloso..
- B.. buonasera. - butto lì, poi mi ricordo che devo tenere la voce bassa. - Buonasera - riprovo.
- Ah, sì, certo. Buonasera. Temevo che fosse un cacciatore, sa?
- Beh, no. Faccio solo fotografie. Qui non si può neanche cacciare, poi.
- Meglio così, non le pare? Comunque fa delle belle fotografie, dicevo. Complimenti.
- Diciamo che me la cavo. Ma lei che ci fa qui, al buio?
- Stavo rincasando. Di solito non faccio così tardi, ma questa sera mi sono ritrovato con un po’ di vecchi amici per festeggiare il mio compleanno e temo di aver perso la nozione del tempo. Meno male che sono quasi arrivato.
- Auguri. E quanti sono, se posso chiedere?
- Gli anni o gli amici? Non importa, sono comunque più di quelli che riesca a ricordare sia in un caso che nell’altro. Ma mentre gli uni aumentano, gli altri sembrano diminuire ogni volta che ci incontriamo..
Ecco, questo mi ha ammazzato qualsiasi proposito di conversazione con un colpo solo. Fortuna che sembra voler continuare lui..
- Beh che siano belli proprio non si può proprio dire. Simpatici piuttosto. Hanno una faccia da fumetto, se posso permettermi. -
Stiamo parlando dei tassi, suppongo. - Sì me lo dicevo anche io poco fa.. - Ma che faccio, adesso? Certo che il tizio mi incuriosisce, ma se andiamo avanti così butto via la serata.
- Sono un vero clan, sa? Ci sono altre tane qui nei dintorni e c’è sempre qualche animale o gruppetto di animali che vive in una di queste “dependance”. A volte per una stagione, a volte per una notte o due. Credo che dipenda dalle relazioni familiari o da dove trovano più cibo. O tutte e due.
- Davvero? - accennai.
- Eh sì. Trovo l’architettura delle tane un argomento affascinante. Questa qui davanti non è tanto grande. Avrà forse una dozzina di camere tra quelle di soggiorno, i dormitori e quelle per i cuccioli. Con tre o quattro uscite in uso, tutte con il loro bello spiazzo tipo anfiteatro davanti.  Ma ce ne sono anche di 50 stanze, con due o trecento metri di tunnel. Più passa il tempo più le famiglie si allargano e tendono ad ampliarla. E se l’area è disturbata aumentano anche in proporzione gli ingressi e le vie di fuga.. Ammesso che il terreno lo consenta, ovviamente.
- Ovviamente - convenni.
- Le altre, dicevo, quelle stagionali o i rifugi temporanei, sono più piccoli, magari con una stanza sola ed una lettiera appena accennata. Non hanno l’anfiteatro davanti, quel mucchio fatto con la terra di scavo.. - indicò qualcosa nel buio - e sono collegate a quella principale da una rete di sentieri appena visibili. Loro li seguono a naso, secondo me. Quando non sono abitate vengono prese in prestito anche dai conigli o dalle volpi. Ma io la sto annoiando..
- Ma si figuri - mentii - è solo che io dovevo fare delle foto..
- Ma certo, ma certo. Mi scusi, faccia pure. Si fermeranno qui ancora un po’, ormai li conosco. Poi, quando i piccoli si saranno stufati di giocare, questi torneranno in tana, e il resto della famiglia partirà nel bosco alla ricerca della cena..
- Cercando di non finire sotto una macchina, speriamo. - commentai quasi automaticamente.
- Speriamo. Purtroppo di questi tempi l’automobile è il loro peggior nemico, insieme all’agricoltura, ovviamente. Competizione territoriale..
- Già
- Almeno non corrono più il rischio di finire in un piatto. Ma lo sa che una volta li mangiavano?
- In Cina, immagino.
- Ma no.. Beh, sì. Lì lo fanno ancora. Ma, tempo addietro, anche in Spagna, nel Regno Unito, o nelle Americhe. Perfino in Francia, ci facevano il Blarieur au sang. E in Croazia il goulash.
- Che impressione!
- Per non parlare delle pellicce.
- Appunto, non parliamone.
- Appunto. Anche perché in effetti io stavo rincasando, ed era già tardino quando sono arrivato..
- Ma sa, quando la conversazione è interessante…
- Giustissimo, mi fa piacere che la cosa sia stata di reciproco godimento. Ma adesso devo proprio andare.
- Beh, se non può proprio trattenersi..
- Mi piacerebbe, ma il tardino è diventato ormai tardissimo, e farei proprio meglio a tornare in tana anche io.
- Sarà per un’altra volta, magari…
- Magari, per il mio prossimo compleanno forse. Non esco molto, sa..
- Alla prossima, allora..
- Alla prossima..

E proprio quando incominciavo a temere che non si sarebbe mai deciso a muoversi, ecco che finalmente il tipo si sposta, esce dal mio microscopico ritaglio di luce schermata e se ne va. Ossignur, speriamo che non mi passi davanti. E invece sì. Lo vedo nel display della macchina fotografica mentre attraversa lo spiazzo dei tassi. E quelli che fanno? Niente. Lo guardano. Lo seguono per un attimo o due, sembra quasi che si stiano salutando, e poi si rimettono a fare quello che stavano facendo prima. Eh no, io non sarò un esperto di tassi, ma questo non è normale. Piglio il telecomando della macchinina che era parcheggiata al bordo della radura, quella con la telecamera montata su, e parto all’inseguimento. Riesco a scorgerlo per un attimo alla fine del sentiero, neanche tutto intero, solo un movimento. Non è facile da manovrare questo aggeggio, e il visore notturno non aiuta più di tanto. Non pensavo, quando l’ho comperato. Ecco perché non lo usa nessuno. Rischio di ribaltare tutto il marchingegno una mezza dozzina di volte, per un’automobilina radiocomandata una buca è come un canyon, e attraverso lo spiazzo come una saetta. I tassi scattano all’indietro come delle molle, e che è? Mai visto un radiomodello? (Sbirciando da uno dei display delle fotocamere noto che restano a guardare nella direzione in cui sono sparito, ma mi sembrano più curiosi che intimoriti. Come i gatti quando, giocando, prima si spaventano del proprio gomitolo e poi lo rincorrono come se nulla fosse. Meno male. Ma anche no, adesso che ci ripenso. Speriamo non mi vengano dietro.). Mi lancio in una curva come se fosse la parabolica di Monza, un altro vago movimento più avanti. Proseguo. E dove diavolo sta andando? Ha detto che abitava lì vicino ma non vedo nulla che.. Clack, clack. Ferma! Questo sembra un rumore di serratura. Buono, il microfono.. Arretro di qualche metro, qui è dove mi era parso di vederlo l’ultima volta. Giro in tondo, scrutando i dintorni. Niente. Spengo il visore e provo a fare un po’ di luce. Ancora niente. Aspetta: non è un riflesso metallico, quello? Avanzo nella direzione, passando sotto ai cespugli. Il radiomodello tutto d’un tratto sbuca in uno spazio un po’ più sgombro, quasi un sentiero. Che finisce quasi subito contro una specie di dunetta, un mucchio di terreno poco più alto di una persona, per intenderci. Probabilmente un banale accumulo eolico o alluvionale. Che così banale poi non è, visto che al centro preciso c’è una porta. Di legno, sembrerebbe, verde, rotonda come il fondo di una botte o la persiana di un oblò gigante. Beh, proprio gigante magari no, visto che sarà alta un metro e mezzo scarso. Un oblò parecchio grande, diciamo. Da come la vegetazione ci sta addosso direi che non è molto utilizzata, un ingresso di servizio, forse. Nel bel mezzo c’è un pomo di ottone, deve essere quello che ha fatto il riflesso. Spettacolo! Vuoi vedere che questo abita qui? Direttamente nella collinetta proprio come uno di quei tassi? Ecco perché la sapeva così lunga. Certo che se ne incontra di gente strana. Appena smonto ci vado a bussare e mi faccio offrire un caffè, giusto per vedere la faccia che fa.. Lascio la macchinina di vedetta e torno agli affari.

SABATO

Devo essermi addormentato. Stavo aspettando l’alba per mettermi a smontare tutta l’attrezzatura in sicurezza e da qualche parte dell’attesa durante l’attesa devo essermi addormentato. Mi hanno svegliato gli amici di Borgo. Poco male, anzi meglio: così mi danno una mano a metter via la roba. Mentre stiamo impacchettando si presenta il Giamba con in mano il mio radiomodello.
- Bella questa cosa qui della macchinina telecamerata. E funziona anche?
- Non lo so ancora, l’ho provato ieri per la prima volta. E’ un po’ un casino da usare, ma per muoversi si muove. I filmati, vedremo. Ma dove l’hai trovato? L’avevo piazzato nel bosco a sorvegliare la porta del tizio qui dietro..
- Di chi?
- Ma sì, il tizio che abita qui attaccato.. Il nome non lo so, non mi pare neppure che me l’abbia mai detto. L’ho incontrato ieri sera. Ce ne saranno mica mille, no?
- Non ce n’è neanche uno - rispose Franco - a meno che non sia venuto apposta da Scansano sul suo Morellino - aggiunse, sventolando la ex bottiglia di vino che mi aveva aiutato a mandare giù i panini la sera prima. - Ma tu non eri astemio?
- Di quello buono no, ma che vuol dire che non ce n’è nessuno?
- Che qui non ci abita nessuno, caro mio. Neanche per sbaglio..
- Alto più o meno così - indico l’altezza di un mezz’uomo - capelli ricci, vestiti e modi d’antan..
- Ah, quello.. - rispose Franco.
-Dovevi dirlo subito che era quello, no? E aveva anche il cappello a punta e gli stivaloni? - Domanda il Giamba. Poi i due scoppiano a ridere..
- Spiritosi. - replico un po’ risentito. - Passa qui quel coso. - ordino al Giamba.
Una delle ruote del mini-buggy era in pessime condizioni e la carrozzeria riportava segni di denti ed unghioni. Ecco come era tornata allo spiazzo. Recupero la SD della videocamera che registrava in locale e la monto su una delle macchina fotografiche. Già solo sul suo display il filmato è di gran lunga migliore rispetto a quello che arrivava via radio in postazione. Anche lì, però, quello che non è stato inquadrato non si può vedere. Si intuisce solo che la macchinina stava correndo dietro a qualcosa di vicino e sfuggevole, un movimento qui, una sagoma là. Poi il mondo si ferma e il faretto si accende, a mezzo servizio. L’inseguimento aveva catturato l’attenzione di tutta la compagnia, e nessuno parlava più. Sul display balena un riflesso metallico, e la buggy si rimette in moto nella sua direzione. D’un tratto la vegetazione si apre e poco più avanti compare una porta rotonda, verde, con un pomo di ottone al centro..
- E questa allora cos’è? La stalla del Morellino? - domando seccamente. Accelero la riproduzione alla massima velocità e dopo un po’ il filmato si spegne. La macchina era entrata in stand-by. Fine delle trasmissioni.
- E allora? - insistetti.
- E allora cerchiamola. - risponde il Giamba.

DOMENICA, E OLTRE

Cercammo, ma non trovammo. Né quella mattina, né nelle successive. E nemmeno quando organizzammo una caccia all’uomo in grande stile, con tutta la compagnia del Borgo. Provammo anche una volta di notte, spacciando la cosa per una uscita dedicata ai rapaci notturni. La Notte della Civetta, se ricordo giusto. Suonava bene, ed era comunque meglio non spargere troppo la voce.

Ma non ci fu niente da fare.

Qualcuno pensò che fosse stato uno scherzo, organizzato da me o da qualche altro perditempo. Al bar qualcun’altro incominciò anche a guardarmi con un certo timore, neanche fosse stata colpa mia. Sta di fatto che stiamo aspettando tutti con impazienza il prossimo compleanno del nostro amico riccioluto, sperando che faccia tardi anche in quella occasione e magari gli venga voglia di fermarsi a scambiare quattro chiacchiere. Nel frattempo, se passate da me, ricordatemi di farvi vedere la porta. Dal filmato ho ricavato una foto che ho appeso in studio. Ne ho anche regalata una copia agli amici di Borgo, ma loro sono piuttosto restii a mostrarla. Chissà perché.

 
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