Christoúgenna a Gozzano

Antivigilia, notte.

Mancavano solo due giorni a Natale, due giorni ancora e anche il Natale dell’anno del signore 964 sarebbe stato alle spalle. Il primo a Gozzano. E anche l'ultimo, Dio volendo. Il giorno che aveva deciso di accettare quell’incarico in mezzo ai barbari del nord avrebbe dovuto rompersi una gamba, piuttosto. A mille leghe di distanza da Pavia, dai suoi affari, da tutta la gente che contava qualcosa in quello schifo di mondo che questo schifo di mondo stava diventando. Tre Papi in un anno, c’erano stati. E uno lo era stato due volte. E poi guerre e  rivolte, Re e Regine che andavano e venivano, Ottone Primo che di tanto in tanto scendeva giù con i suoi eserciti a mettere a posto le cose come piaceva a lui, e tutti quanti poi tornavano a fare come prima non appena se ne era andato. Quelli rimasti vivi, quantomeno. Una leggera folata di vento freddo interruppe il corso dei suoi pensieri. E da dove veniva? Istintivamente si voltò verso il camino. Il fuoco si era spento. Doveva essere notte fonda ormai. Si alzò per andare a buttare un ciocco sulle braci, aveva ancora un po' di lavoro da fare.  Un altro soffio di aria gelida lo fece sussultare. Scendeva dal camino. E c'era qualcosa d'altro che stava scendendo, se ne sentiva chiaramente il rumore, adesso.. Fece un passo indietro, mente i brividi di freddo si trasformavano in brividi di paura. Improvvisamente una mano artigliata, deforme, quasi scheletrica si sporse dalla cappa. Poi un altra. Poi con un tonfo sordo e una cascata di cenere e fuliggine,  qualcosa precipitò pesantemente sulle braci spente. Quasi spente, in effetti. Si sentì un grido raccapricciante, poi una sagoma balzò fuori da tutta quella confusione mentre la stanza si riempiva dell’odore di pelo bruciato. Era un diavolo, e di quelli brutti.  Magro come la fame, con un aspetto a metà tra un lupo ed una scimmia (e non è una combinazione facile, credetemi), ricoperto da una fumante pelliccia sudicia, avanzava lentamente su due gambe caprine che terminavano con i classici zoccoli fessi. A dire in vero, più che avanzare caracollava, anche se adesso sembrava dirigersi decisamente verso l’uomo che lo stava osservando terrorizzato. Corrado Langosco, così si chiamava il tipo, tentò di rinculare verso la parete, ma prima che riuscisse a fare un solo passo la porta alle sue spalle si spalancò con un botto e un uomo grande, grosso e barbuto entrò, anzi, irruppe nella stanza.
“Si scansi!” gli gridò.
“ Ma.. che.. “
“Via dalla mia strada” intimò l’omone, sollevando minacciosamente la pesante scopa di ramaglia che brandiva come se fosse una spada. O forse una picca.
Per quanto non direttamente interpellato, il diavolo si sentì in dovere di rispondere con un ringhio. Poi, spiccò un balzo con un’agilità ed una potenza del tutto inaspettate, schivò la ramazzata che era stata tentata ai suoi danni, passò sulla testa corazzata dell’omone, atterrò quasi sulla soglia e, prima che questi riuscisse anche solo a voltarsi nella sua direzione, rimbalzò fuori, nella corte, e svanì nella notte. L’omone accennò un breve inseguimento, più per dovere che per convinzione, poi lanciò un paio di altrettanto doverose imprecazioni nel buio e rientrò.
“Tutto a posto? Non che siano veramente pericolosi, ma non si sa mai…”
“Il diavolo! Era il diavolo quello!” strillò il tipo che veniva da Pavia con un tono un po’ più alto del necessario.
“Beh, non proprio ‘il Diavolo”, ma piuttosto ‘un diavolo”. Un Kallikantzaroi.”
“Un cosa?” ribatté l’altro che stava riprendendo coraggio..
“Un Kallikantzaroi. Tecnicamente non sarebbero nemmeno dei diavoli poi, ma solo delle creature demoniache. E di seconda classe, per giunta, di quelle più fastidiose che dannose. Certo che sono brutti a vedersi, specie se uno non se lo aspetta.. A proposito, com’è che ha il fuoco spento? Non le avevano detto di tenere sempre almeno un ciocco vivo?”
“Non è certo un gran consiglio, con questo freddo..”
“Ma qui non è solo una questione di riscaldamento. Vabbè, quel che è fatto è fatto, adesso cerchiamo di tirare su queste fiamme…”   gli porse la ramazza che stava ancora impugnando “tenga, l’ho trovata qua fuori nella corte e magari le può servire per mettere un po’ d’ordine.” Liberate le mani, gettò un bel po’ di legna sul fuoco chinandosi poi a soffiarci su come un mantice da fucina. Nel giro di pochi minuti le fiamme avvamparono alte e allegre a riscaldare stanza e cuori. “Ecco fatto, con un fuoco così stiamo tranquilli..” Improvvisamente scoppiò in una risata.. “Ha sentito come puzzava quando ci è passato a fianco? Sembrava un cinghiale scappato dallo spiedo..”
Quasi inaspettatamente anche l’altro prese a ridere, ormai lo spavento era passato e al suo posto si stava facendo viva una certa curiosità.. “Già, immagino che sia corso dabbasso in palude a spegnersi.. Ma cosa diavolo, anzi, quale diavolo è questo Kaliza Kalikan.. Non riesco neanche a dirlo..”
“Kallikantzaroi. Ci ho messo un bel po' anche io ad impararlo. Ma non c’è niente da bere qui?”
“E come no.. Ho del Sangue di Giuda che viene dalle mie Vigne nel Pavese e che è indicatissimo dopo un colpo al cuore come questo. Probabilmente non lo conosce, ma.. “
“Al contrario...” lo interruppe l’altro “per una ragione o per un altra ho vissuto parecchi anni a Pavia, ed il Sangue di Giuda lo conosco eccome. Va benissimo messer.. “
“Langosco. E io chi devo ringraziare per avermi salvato la vita?”
“Proprio lei cercavo! Beh, non è stato un gran salvataggio in fin dei conti. Come le dicevo queste bestiacce non sono veramente pericolose. Dispettose più che altro. Poteva svuotarle la credenza, questo sì. O farle ballare i piedi, magari. Ma niente di serio, non un Kallikantzaroi.”
“Ma cosa sono? Me lo vuole dire una buona volta?”
“Di preciso non lo so neanche io, ma ho un amico con cui potrà discuterne a piacimento domattina, se vuole. So che vivono sottoterra e divorano l’Albero che Sorregge il Mondo. A Natale, la nascita di Nostro Signore Gesù Cristo rigenera l’Albero e allora questi si infuriano, salgono in superficie e si sfogano contro tutti quelli  che trovano."
“Ma non è ancora Natale.”
“Ci ha fatto caso, vero? E’ che da qualche anno qualcuno viene fuori anche prima, probabilmente per portarsi avanti con il lavoro. Tanto già lo sa cosa deve accadere. Comunque, il giorno dell’Epifania si fa la Benedizione delle Acque e questo per qualche motivo li ricaccia tutti quanti all’Inferno per un altro anno. O qualcosa del genere”
“Non ne ho mai sentito parlare, e sì che ho girato parecchio..”
“Già, è che vengono dalla Grecia. Non credo che ce ne siano altri qui in giro.”
“Dalla Grecia?”
“Sì, avrà sentito parlare di San Giulio e San Giuliano, vero?”
“Certamente. Quelli che  hanno portato la parola di Cristo ai pagani che abitavano in queste lande selvagge e hanno costruito le Cento Chiese..”
“Centouno. Ma, per favore, non definisca queste zone “selvagge” se vuole farsi degli amici, qui. Beh, comunque  i due Santi  venivano dalla Grecia, è possibile che se li siano portati dietro involontariamente.  Oppure, e questo è come la penso io, li hanno semplicemente attirati dall’inferno che li ospitava: qui la terra è più profonda che in altri luoghi, e a volte succedono cose curiose. E parecchio. Il che mi riporta al motivo della mia visita.”
“Pensavo fosse venuto a salvarmi..”
“No, è stato solo un effetto collaterale. E poi, come le ho detto, i Kallikantzaroi non costituiscono un vero pericolo.”
“E allora che vuole?”
“Si metta comodo, che è una cosa lunga..”

Vigilia, in mattinata.

“E allora, come è andata?” domandò piuttosto bruscamente il Precettore.
“Metà e metà.”
“In che senso?”
“Nel senso che non ho fatto nessuna fatica a spiegargli la nostra posizione. L’ho trovato con un Kalli in casa e quindi poco propenso allo scetticismo.”
“Suppongo che questa sia la metà buona”
“Precisamente. La metà cattiva è che non si vuole sbilanciare. Al principio non voleva neppure ammettere di essere un uomo dell’Imperatore.”
“Poi ha cambiato idea?”
“Più o meno. Gli ho mostrato la lettera di raccomandazione del povero Liudolfo, e non ha potuto certo far finta di nulla.”
“Ti sei preso un bel rischio, Se fosse stato dalla parte del Re..”
“Avevo una lettera pressoché identica siglata da Berengario.”
“Buona come l’altra, immagino.”
“Langosco era a Pombia la primavera dell’anno scorso. O con l’uno o con l’altro doveva stare: ho seguito il mio naso e c’ho preso al primo colpo”
“Meno male, e speriamo che adesso non tradisca le nostre attese.”
“Speriamo, comincio a essere stanco di tutta questa gente che va e che viene”
“Si vede, sembri più brutto del solito, stamattina.”
“Grazie, ma credo che sia solo per la nottataccia. E per il vino.”
“Ah, quello. Si dice che il modo migliore per combatterlo sia di berne un altro po’.”
“Non sai quante volte c’ho provato, e non ha mai funzionato. Beh, per quel che ho da perdere, tanto vale tentare ancora.”
Si versò un boccale dalla caraffa che stava sul tavolo, ne bevve un sorso abbondante e lo risputò subito dopo, rumorosamente.
“Aceto! Diavolo, e perché ti tieni una caraffa di aceto sulla credenza?”
“Aceto? Non è aceto, è vino. E anche niente male..”
Assaggiò e sputò a sua volta.
“Aceto! Per la miseria. Colpa dei Kallikantzaroi! Maledette bestiacce! E dire..”
Fu interrotto da una rumore furibondo di colpi alla porta.
“E chi sarà mai, adesso?”  Attraversò la stanza come una nube di tempesta, mentre il baccano al di fuori sembrava non voler diminuire.
“Guardate, guardate qui!” sbottò il primo dei disturbatori, prima ancora che la porta si fosse del tutto aperta.”Maledette bestiacce, tutto il mio latte è andato a male. Colpa loro.” proseguì agitando una brocca che doveva probabilmente contenere il liquido in questione. “E le mie provviste per il pranzo di Natale? Sparite!!” Rincarò un altro che non agitava niente proprio perché niente gli era rimasto. “E io no trovato tutta la casa sottosopra e i mobili da buttare.”
“E perchè lo venite a raccontare a me?” Domandò Lorenzo il Precettore.
Ci fu un attimo di silenzio, poi qualcuno pensò a qualcosa che si potesse dire, e lo disse. “Perchè tu sei un uomo istruito e sai sempre cosa si deve fare.” “E conosci tante persone importanti..” “Sei una persona importante, addirittura.”
“E anche perchè ormai vi siete abituati a lamentarvi con me, che tanto poi ci penso io.”
“Allora ci pensi tu?”
“Non ho detto questo!”
"Sì che lo hai detto!"
"No che non l'ho detto!"
“Ma qualcuno lo deve fare, è una cosa importante” “Da domani i Kallikantzaroi piomberanno in paese a frotte, come ogni anno.” “E anche di più, visto che già ne sono arrivati così tanti”
“Andiamo, andiamo, è una questione di pochi giorni dopo tutto. Fino all’Epifania, e poi spariranno per un altro anno, come è sempre stato…”
“Ma nel frattempo le nostre feste saranno rovinate.” “Per non dire dei miei mobili.” “O del mio latte.” 
“Vabbè, vedrò che posso fare. Intanto tornate a casa, e tenete il fuoco sempre acceso. E’ ancora il sistema migliore..”
Detto questo, arretrò di qualche passo e chiuse la porta tra sé e i postulanti.
“E cosa pensi di poter fare? Se si può sapere..”
Lorenzo sussultò. Poi la memoria riprese a funzionare. “Costantino! Mi ero scordato di te.. “
“Beh, sono ancora qui. Hai qualche idea o hai detto tanto per dire?”
“Ho più che un’idea. Abbiamo un piano. Andiamo a cercare Alexios, che te  ne parlo.”

Vigilia, quasi mezzanotte. Praticamente Natale

“E’ tutto pronto, Costantino?”
L’omone, che era risalito a passo spedito fin su al Castello, prese fiato un paio di volte prima di rispondere. “Tutto come hai chiesto. I focolari sono accesi, le strade e le abitazioni illuminate. Al primo rintocco tutte le case apriranno una finestra e non la richiuderanno finchè tutto non sarà finito.”
“Splendido. Allora vado dai nostri piccoli amici.” Il piccolo frate si diresse verso gli alberi che si innalzavano appena oltre la Basilica. Le fronde, alla luce delle torce sistemate dagli uomini, sembravano quasi muoversi ed agitarsi di vita propria. Canti e richiami, quasi inquietanti nel buio della notte, si alzarono fragorosi al suo arrivo. Lui alzò le braccia invocando il silenzio, e in un attimo silenzio fu.. "Fratelli dalla coda rossa” chiamò con la sua voce da bambino. “Siate pronti. L’ora è vicina, siate pronti..“

“Funzionerà?” domandò sottovoce Costantino a Lorenzo, che intanto li aveva raggiunti sulla spianata.
“Certo che funzionerà. Alexios è Greco e di Kallikantzaroi ne sa sicuramente più di te e di me messi insieme. E poi dice che l’idea è in buona parte di Michele. Se non ti fidi di un Arcangelo..”
“Detesto che continui a parlare solo con lui.”
“Lo sai che è così che deve essere, ne abbiamo già parlato mille volte. Fa parte dei compiti del ragazzino, ed è uno dei mille motivi per cui è qui. E poi qualche eccezione l’hanno già fatta, a suo tempo.”
“Sì, ma Alexios non ha neanche dieci anni.”
“Forse. E forse no, il tempo ha probabilmente tutto un altro significato per lui.. Comunque ormai è troppo tardi per questi dubbi, facciamo la nostra parte e teniamo le dita incrociate. Al massimo faremo una figuraccia. Non sarà certo la prima.”
“E neanche l’ultima, se è per questo. Alexios! Sei pronto?” chiamò.
“Prontissimo.”
“E allora cominciamo!”
Una campana non molto distante e piuttosto vigorosa batté tre colpi. Al terzo rintocco Alexios alzò nuovamente le braccia al cielo e, in un sol colpo, centinaia, anzi, migliaia di piccoli uccelli si alzarono in volo dagli alberi che li avevano finora ospitati. Erano bruni, grandi più o meno come un passero ma più slanciati. Alcuni avevano capo e petto colorati di grigio scuro, quasi nero. Altri erano tutti di un semplice marroncino, che magari non era molto originale ma stava bene un po’ con tutto. Di notte non era facile distinguerne i particolari, ma una cosa era certa. Tutti, ma proprio tutti, sfoggiavano una vistosa coda rosso brillante, che, stranamente, in quel buio risaltava quanto e forse anche di più che alla luce.
“Codirossi Spazzacamino” commentò Lorenzo, il Precettore, spinto forse dalla natura del suo mestiere. "Una scelta alquanto appropriata.”
“In che senso?” domandò Costantino..
“Ci sono diverse leggende che spiegano il colore della loro coda, e tutte quante implicano una loro certa dimestichezza con il fuoco. Il che, suppongo, tornerà utile questa notte..”
I Codirossi intanto si erano sparpagliati nel cielo sopra Gozzano. A poterli seguire, avremmo visto ciascuno di loro entrare in una delle case dalle finestre aperte, caricarsi una piccola brace ardente sulla coda (che non sembrava risentire della cosa) e infine andare a posarsi su di un rametto di un grosso abete che cresceva ai margini della spianata della chiesa, proprio al di sopra del borgo. Ogni piccola brace trovava un altrettanto piccolo groppo di resina pronto ad accoglierla, e lì veniva depositata. 
“Avanti fratellini, avanti! Ci siamo, quasi!” incalzò Alexios che intanto si era spostato lì vicino. I codirossi risposero all’incitamento rivolgendo la coda verso la brace, allargandola a ventaglio e lanciandola infine in un frenetico movimento dall’alto al basso e viceversa. Colpito dalla corrente d’aria, il minuscolo tizzone si ravvivò e riavvampò, combinandosi con la resina che lo alloggiava. Una piccola ma ben visibile fiammella si alzò da un rametto. Poi un altra. Poi cento. Poi mille, ed infine millemila. L’intero abete ora scintillava come un cielo di stelle, come.. come un Albero di Natale. Le campane suonarono a festa e, la gente scese per strada radunandosi in piazza e su, al castello, per ammirare questa nuova meraviglia.
Improvvisamente un ululato a metà tra un lupo ed una scimmia (e non è una combinazione facile, credetemi) risuonò dai tetti di una delle case del paese. Quindi la sagoma di un Kallikantzaroi si stagliò contro lo sfondo della luna ancora bassa sull’orizzonte.. Ululò una seconda volta, poi si stese in tutta la sua altezza e puff, svanì in una insignificante nuvoletta di fumo. Ne apparve un altro: puff. Poi, puff, puff e puff ancora puff: in un attimo tutti i Kallikantzaroi svanirono nel nulla. Presumibilmente “tutti”, perchè ad un certo punto cessarono di apparire e poi scomparire.
“Hai visto che ha funzionato?”
“Mai dubitato.” ribatté Costantino, con convinzione.
“Avete visto? Puff, e sono spariti! Ha funzionato!” irruppe Alexios prima che Lorenzo potesse anche solo provare a rispondere.
“Bravo ragazzo” replicò Costantino. “Adesso il problema sarà rifarlo tutti gli anni.”
“Pensavo, piuttosto, di chiedere a tutte le famiglie di costruirne uno più piccolo, da tenere in casa. Potrebbe andare bene?” intervenne Lorenzo.
“Ma certo. Basta che ce ne sia uno in paese, questo è quanto abbiamo concordato con Michele. Le dimensioni non contano.”
“Come ‘le dimensioni non contano’? E allora perchè abbiamo mobilitato tutto il paese per costruire questo colosso?”
“Beh, perchè così grande è più bello, non trovi?” detto questo il ragazzino saltò al collo del Precettore. “Buon Natale, Lorenzo. E buon Natale anche a te, Costantino.. Buon Natale a tutti!”


E anche buon anno, aggiungo io in qualità di autore, visto che questa volta il racconto di Natale è arrivato quasi a Capodanno. E buone feste, fin che ce ne rimango da festeggiare. E buon 7 di gennaio agli gli amici di Gozzano, per cui c’è anche San Giuliano.

Christoúgenna a Gozzano by Fabrizio Burlone is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
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