Carovana di Natale

Carovana di Natale
La tempesta li aveva lasciati stanchi e disorientati, ma, fondamentalmente, vivi. Il che era già una gran cosa. Melchiorre provò a scrollarsi via un po’ di sabbia dai vestiti, giusto per marcare un punto. Ma visto che più ne toglieva, più ne arrivava, decise di lasciar perdere per il momento. Rivolse lo sguardo intorno, alla ricerca dei suoi compagni. La visibilità era ancora pessima e la polvere, che volava da tutte le parti in refoli, mulinelli, nuvole e quant'altro, non facilitava di certo il compito. Provò a chiamare, e la sabbia gli entrò in bocca. Tossì, sputò, lanciò anche qualche imprecazione, e una voce conosciuta gli venne in risposta.
“Qui. Sono qui, alla tua destra.”
Sulla destra si scorgevano solo delle ombre, ma in effetti quella era la direzione in cui aveva visto dirigersi la carovana prima che la sabbia lo accecasse. Si avviò e dopo pochi istanti raggiunse chi aveva parlato.
“Che tempesta!” commentò Gasparre. “Cavalco queste sabbie da sempre, ma una furia come questa non l’avevo mai vista.”
“Nemmeno io. Per nostra buona sorte è ormai passata, o quasi.”
“Quasi. E’ ancora difficile respirare.”
"Non ci lamentiamo" commentò il terzo uomo che aveva appena rinforzato il gruppo. "E’ passata, e siamo ancora vivi. Questo è quello che conta veramente. Queste ultime ripicche svaniranno a breve, e potremo proseguire"
“Dopo ben tre giorni, Baldassarre. E abbiamo anche perso la guida.”
Baldassarre alzò gli occhi al cielo, dove le ultime nuvole di polvere stavano  lentamente diradandosi. “No, è ancora là. Guardate.”  Appena appena, all’inizio, ma poi con sempre maggior chiarezza, a mezza via tra l’orizzonte e lo zenit brillava tranquilla una piccola stella cometa. “Ci è stata inviata dall'Onnipotente, e ci vorrà ben più di una tempesta di sabbia per nasconderla.”
"E allora seguiamola" esortò Melchiorre. "In marcia."
I tre uomini discesero rapidamente la piccola duna su cui si erano quasi casualmente radunati, raggiungendo quasi subito la carovana che si stava faticosamente rassettando. Nel trambusto, nessuno aveva fatto caso ai due grandi uccelli bianchi e neri che volavano lentamente in alto in alto, proprio al di sopra delle loro teste. Poco male dopotutto: non erano dei grande rapaci da ammirare, e nemmeno di quelli da cui gli auguri riuscivano a trarre i loro auspici. Non erano buoni da cacciare, non erano neanche una cosa rara da vedere, da quelle parti. Era solo due cicogne, che però, curiosamente, anziché proseguire per la loro strada continuavano a volteggiare sulla compagnia cammellata, quasi a tenerla d'occhio.
"Non ce la fanno” pensò tra sé e sé una di esse. “Non ce la possono fare.”
  
Melchiorre, che era il più versato nelle arti matematiche, puntò per un’ultima volta la macchina di Ipparco verso il sole e ripeté nuovamente i calcoli nella sua mente. Quindi ripose lo strumento nella custodia di cuoio ed ottone, assicurandosi che ogni cinghia fosse serrata e ogni blocco bloccato.  Era un oggetto prezioso.
“E allora?” gli domandarono gli altri due, praticamente in coro.
“E allora avremmo dovuto essere ben più avanti di quanto siamo ora, invece.”
“Ne sei certo?”
“Certissimo. Nelle stelle sta scritto che la stella si nasconderà tra due giorni, o forse tre, così da non indicare la strada agli uomini dagli intenti malvagi che incontreremo lungo il percorso. E tornerà solo quando questi saranno ormai alle nostre spalle. Tra due giorni, forse tre, però, intorno a noi ci sarà ancora solo deserto, e quando la stella sparirà noi potremmo non avere ancora individuato la direzione giusta”
“D’altra parte, la profezia dice che il Re dei Re nascerà nella terra dei Giudei.  Quindi, se e quando la necessità dovesse richiederlo, potremo pur sempre dirigerci verso Gerusalemme. Là troveremo sicuramente scribi e sacerdoti in grado di indicarci la via. Un evento di tale grandezza sarà stato sicuramente rivelato anche dai loro profeti e dai loro astrologi.”
“E vero, ma è anche vero che potrebbero essere proprio quelli gli uomini dalle malvagie intenzioni che dobbiamo evitare.”
“E perché mai, visto che proprio il Re dei Re li guiderà verso il Regno dei Cieli?”
“Hai ragione, Gasparre, perdona i miei timori che a volte mi nascondono anche l’evidenza.”
“Che invece l’Onnipotente benedica la tua prudenza, Melchiorre, che tante volte ci ha consentito di evitare i più grandi pericoli. E anche in questa occasione le daremo ascolto, evitando di dire più dello stretto necessario e di prendere decisioni senza aver prima consultato le stelle.”
“E gli Angeli” aggiunse Baldassarre.
“E gli Angeli” confermò Gasparre.
Soddisfatti della decisione presa, i tre tornarono rapidamente alle loro cavalcature e, senza porre altro tempo in mezzo, si avviarono lungo la pista. Il ritardo accumulato era ormai irrecuperabile, ma loro avrebbero comunque provato a ridurlo il più possibile. Fortunatamente la carovana era ormai ridotta ai minimi termini, e farla marciare a buon passo non sarebbe stata una gran difficoltà. I mercanti, con i loro carichi di spezie e tessuti ben custoditi da guardie e soldati, i negrieri, gli schiavi, gli ambasciatori e le prostitute e l’intera coorte di avventurieri, mercenari, studiosi e viaggiatori per chissà quanti altri motivi, si erano diretti tutti verso le ricche città di Siria ed Egitto, lasciando i nostri amici soli con i pochi servitori che avevano scelto di portarsi appresso per un viaggio così lungo e costoso. Questo, forse, avrebbe insospettito un tantino uomini più avvezzi alle questioni mondane, e sarebbero bastate poche chiacchiere davanti al fuoco per scoprire che la Giudea, al momento non era esattamente un luogo di pace e tranquillità, e che a Gerusalemme regnava un sovrano che si teneva aggrappato al trono (e alla vita) con la spada. Ma, si sa, chi passa tanto tempo a studiare le cose della sfera celeste spesso e volentieri non dedica altrettanta attenzione a ciò che avviene al di sotto di essa, e di conseguenza ai tre viaggiatori non venne neppure in mente di raccogliere informazioni in questo modo. Così la piccola e solitaria spedizione proseguì sulla via indicata dalla stella, ignara dei pericoli che avrebbe potuto incontrare.
E ignara anche della solita coppia di uccelli che la sorvolava, una coppia mista nell'occasione.
"La direzione è corretta, quantomeno." dichiarò l'Albatro, più che altro per tener su il morale.
"Grazie, ma proprio non mi serve.." rispose la Cicogna.
"Scusa, Geremia. E’ che mi sembra che stia andando tutto per il verso giusto. Non capisco da dove vengano tutte queste tue preoccupazioni…"
"Hai ragione, naturalmente. E' che ormai mi sembra di dovermi curare di tutte le cose del mondo, anche quando non ce n'è bisogno."
"Credo che sia lo spirito dello stormo. Io, beh, la mia storia la conosci: appartengo invece ad un popolo più 'solitario'."
"Già, sarà quello."
"E l'età..."
"Ha parlato il giovanotto... Ma una volta non mi avevi fatto credere di essere l'animale più antico del mondo?"
"Antico, non vecchio. E' un'altra cosa. Ma a parte tutto, cosa vorresti fare? Accorciare il deserto? Rallentare lo scorrere del tempo? Allungare le gambe dei cammelli? Pensi forse che l'Onnipotente non potrebbe provvedere, se ce ne fosse necessità? O che non avesse previsto la tempesta, o sbagliato la conta dei giorni?" 
A Geremia scappò un sorriso a mezzo becco. "Di nuovo, hai ragione. Ma guardali: punti fermi in un mare di sabbia. Soli, sperduti (o quasi). Tra poco sarà la notte più importante di sempre, di tutti i sempre. E loro la passeranno su di una pista deserta, senza neanche un indizio di quanto stia accadendo a così poca distanza, senza un amico con cui condividere questa immensa gioia."
L'Albatro non disse nulla per qualche momento, poi: "A questo, con un po' di fortuna, possiamo rimediare..."
 
La Cicogna stava ritta sul culmine di una grande di duna, e sembrava stesse aspettando. Fu Gasparre ad avvistarla per primo. La fece anche notare agli altri, ma in effetti non c’era molto da notare. L’uccello piegò la testa all’indietro, battendo contemporaneamente il becco a ripetizione. Come una specie di raffica. Poi prese il volo, dirigendosi verso l’interno.  Alla duna successiva, qualche minuto più avanti, le Cicogne erano due, a quella dopo tre, tutte a ripetere la stessa manfrina, poi quattro, poi cinque. Alla lunga anche il meno brillante dei viaggiatori sarebbe arrivato a capire che la cosa doveva avere un qualche significato, e ai nostri bastarono solo sei ripetizioni.
“Le seguiamo?” domandò Gasparre a nessuno in particolare.
“E che altro?” rispose Melchiorre.
La carovana deviò sulle sabbie, diretta verso quella che sembrava una serie di piccole alture non troppo distanti. Le Cicogne si posarono ad attenderli più volte lungo il tragitto, ed al primo gruppetto si aggiunsero numerosi altri esemplari, forse provenienti da altre postazioni piazzate più avanti sulla pista carovaniera, che non si sa mai.  Per tutto il tempo fu sufficiente alzare gli occhi al cielo o all'apice della prossima altura per sincerarsi di essere nella giusta direzione.  Poi, proprio mentre i viaggiatori stavano ancora risalendo un ultima china, gli uccelli proseguirono, sparendo dalla visuale. Arrivati in cima, il motivo fu evidente: dinnanzi, sorprendente, c’era quella che non poteva che essere la ragione di tutto quel movimento: un oasi. Sorgeva improvvisamente, dal nulla, proprio ai piedi di una parete di roccia quasi verticale. L'ultima fila di Cicogne ancora in volo si diresse esattamente al centro, e non appena si fu posata un’immensa nube di piccoli uccelli bruni si sollevò nel cielo, in un unico battito d’ali. La nuvola mutò di forma espandendosi e restringendosi come una bolla d’aria nell’acqua. Cambiò direzione, prese quota e poi precipitò fin quasi a schiantarsi sulle cime delle palme da cui si era alzata. Si allargò come una cascata, si divise, si riunì, sembrò mimare la foggia di mille oggetti e nessuno. Infine si arrestò sul posto, per aria, in attesa...
“Questa è magia!” esclamò uno dei pochi servitori rimasti.
“No, ragazzo” rispose Melchiorre. “Questo è un Miracolo.”
“Gli Storni di Rahat.. ” Commentò Gasparre.. “Ci stanno aspettando. Andiamo..”
Come in risposta alla loro decisione, gli storni abbandonarono la posizione e la nuvola si dissolse nel nulla.
La piccola carovana si mosse rapidamente in direzione dell’oasi, arrivando a destinazione che la luce del giorno aveva appena appena iniziato a tingersi dei colori del tramonto. “Fermi!” Chiamò improvvisamente Baldassare. “C’è gente!” Il gruppo si bloccò all’istante. Non che fosse un pericolo di per sé, e neppure un fatto inusuale o inatteso. Nel deserto, però, ogni fatto nuovo andava valutato con prudenza. E non solo nel deserto, in effetti.  “Dove?”
“Là, tra le palme.”
“Ma non sono persone.. Sono uccelli”
“Però sembrano persone.”
“Ma non lo sono.”
“Però ci sembrano”
“Vogliamo finirla?” Intervenne il terzo Magio. In effetti tra gli affusti dei palmizi che si innalzavano un po’ più avanti si aggiravano gruppi di alti uccelli trampolieri che, tra il chiaro e lo scuro (per non dire della distanza), potevano anche essere scambiati per persone. A prima vista quanto meno. “Sono Aironi, e quelle con il marchio rosso sulla testa sono Gru.
“E cosa ci fanno qui?”
“Sono migratori, probabilmente questa oasi è un punto di sosta.”
“E non sono soli. Guardate, è pieno di uccelli qui..”
Di fatto tutto intorno era un tripudio di penne e piume di ogni lunghezza e di ogni tonalità.
C’erano i coloratissimi Gruccioni, di almeno due razze diverse. C’erano le scintillanti Nettarine, dei Ciuffolotti di un bizzarro rosato, Otarde di varie dimensioni, Quaglie, Pernici, Nibbi, Tortore, Colombi, Martin Pescatori e chissà quante altre bestie che magari si vedevano appena, ma c’erano.
“Tutti in sosta? Tutti quanti?”
“E perché no? E’ buon posto, e anche per noi direi. Ci si potrebbe mettere comodi facile facile e passarci la notte…”
“Beh, questa è un’ottima idea: abbiamo ancora un’ora abbondante di luce, approfittiamone per montare un campo confortevole, per una volta.”
Così, dopo giorni e giorni di pasti frugali e notti quasi all’addiaccio, la carovana poté finalmente godersi una cena decente e un po’ di tranquillità davanti ad un bel fuoco.. Ed erano ancora tutti lì, a chiacchierare del più e del meno, quando gli uccelli, all'unisono, esplosero in un canto che suonò istantaneamente come la cosa più festosa che anima viva avesse mai sentito. In cielo, in terra ed in ogni luogo. Gli uomini si guardarono l’un l’altro perplessi, poi Melchiorre, che come sappiamo era il più versato nelle arti matematiche (anche se qui non c’entra), ebbe un’intuizione.
“E’ nato!”
“Come?”
“E’ nato!”
“Lui?”
“E chi se no? Lui. Il Re dei Re!” intervenne Baldassare che nel frattempo era giunto alla medesima conclusione. “E ce lo siamo perso!”
“Così era scritto” commentò Gasparre. Quindi si avviò verso uno dei cammelli e prelevò una bottiglia da una bisaccia. “Qui ho dello Spirito di Shus, forse se ne beviamo abbastanza potremo unirci al canto dei nostri amici pennuti.”
“Possiamo quantomeno far festa insieme, dovremmo avere delle granaglie tra le provviste, sicuramente dei datteri e magari qualcos’altro da condividere. Andiamo a vedere.”
“E poi Lui lo troveremo ancora lì, al nostro arrivo. Dove vuoi che vada?”
“Già, siamo ancora in tempo. E allora fai girare lo Spirito, e buona Nascita”
“Buona Nascita”
“Non suona bene. Forse buona Natività”
“O Natale. Che ti sembra? Buon Natale!”
“Meglio. Buon Natale, allora.
“Buon Natale a tutti”
Il deserto ha le sue regole, festa o non festa, e le prime luci dell’alba trovarono la carovana già in movimento. Anche se con un passo più lento e incerto del solito. Come sempre, nessuno notò la coppia di uccelli che la teneva d’occhio dall’alto.
“Dritti verso la tana del lupo” commentò la cicogna, che non era la stessa di sempre. 
“Così è scritto, evidentemente. E comunque non sta a noi di occuparci di questa faccenda. Stai ben certo che al momento opportuno quello che deve avvenire avverrà. Piuttosto, andiamo a raggiungere Geremia” propose l'Albatro.
“Sai dov’è?”
“Sì, voleva passare questa notte con il suo stormo, poi si sarebbe recato a salutare il bambino. Siamo d’accordo di incontrarci lì.”
“E' tempo di muoverci, allora. A breve qualcun altro verrà a proseguire la sorveglianza.. fai strada.."
“Meglio che guidi tu. Io non vengo spesso da queste parti. Anzi, a dire il vero non ci vengo mai. Manca l’acqua, l’Oceano..”
“Va bene, guido io.”
I due uccelli eseguirono una larga virata, passando per un ultima volta al di sopra della carovana. La cicogna batté più volte il becco, in segno di saluto e come in risposta, per la prima volta, tre sguardi si alzarono nella loro direzione.
“Buon Natale anche a voi, amici alati.” Gridò loro uno dei viandanti. Gli altri lo osservarono un tantino perplessi (non era la prima volta, del resto) e poi si unirono all’augurio. “Buon Natale, Buon Natale”

E, se permettete, duemila anni dopo mi unisco anche io. Buon Natale a loro, e Buon Natale anche a tutti noi, che le ali non le abbiamo sui fianchi ma nel cuore, e in un modo o nell’altro siamo comunque qui per volare. 

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Carovana di Natale by Fabrizio Burlone is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
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Illustrazione di Eugenio Bausola