“Gli angeli stanno nella casa accanto alla nostra ovunque noi siamo”
Emily Dickinson
Osservava gli uomini da sempre, o almeno così gli sembrava di ricordare. Eppure non era mai riuscito a comprenderli per davvero. La città era piena di luci, di profumi e di rumori: tra poco sarebbe stata la festa del Santo Natale. Di questi tempi tutti quanti si sentivano più buoni, e forse lo erano, anche. Faceva parte del miracolo del Natale. Lui stava cercando un uomo in particolare, un uomo tra i tanti di buona volontà che ancora, per fortuna, camminavano lungo le strade del paese. Un uomo che lo avrebbe aiutato ad adempiere ad uno dei suoi compiti. Quello che, per Natale, si imponeva ogni volta da solo. Perché così doveva essere. Eccolo.
Sbucando nella piazza l’uomo era stato assalito da un’ondata di suoni e profumi. C’era mercato, oggi, ed era mercato di Natale. Che altro, se no? Come tutte le volte, non poté fare a meno di pensare a quanti prima di lui dovevano essere arrivati da quella stessa strada per fermarsi un istante a quello stesso angolo a contemplare la confusione. Lì si teneva commercio dall’anno del signore 919, con licenza rilasciata da Sua Maestà Imperiale Berengario Primo, Re d’Italia ed Imperatore del Sacro Romano impero. Mille anni: impressionante, a pensarci. Sfortunatamente, però, il clima non incoraggiava affatto le riflessioni profonde. Faceva un freddo barbino, e la porzione di faccia scoperta tra sciarpa e berretto gli formicolava sotto la classica puntura del classico milione di spilli. Provò a muovere la mandibola a destra a sinistra, per verificare che non si stesse congelando. In effetti non sembrava in splendida forma., ma per quello c’era rimedio. Seguendo il familiare aroma di alcol, spezie ed agrumi entrò nel cortile della vineria, dirigendosi subito al banchetto del pentolone che lo stava chiamando.
- Vin brulè? - domandò la conduttrice.
- Son qui per questo - dichiarò lui prendendo il bicchiere che gli veniva offerto.
- In giro per gli ultimi regali?
- Ma anche i primi e gli unici.
- Già. Tempi difficili per tutti, questi. Se lo lasci dire da me che ne ho visti di peggiori.
- Ma anche di migliori scommetto. Ci vorrebbe qualche idea. Per i regali, dico.
- Le idee vengono, qualche volta basta far prendere un po’ d’aria alla testa. Provi a fare un giro nel mercatino qui fuori, vedrà che qualcosa le viene in mente.
- Proverò.. Quanto le devo?
- Offerta libera, oggi. E si tenga qualcosa per i regali anche da parte mia, è Natale.
- Beh, grazie.. Grazie di tutto, e tanti auguri.
- Anche a lei, e buona fortuna.
Poco più avanti c’era un banchetto che vendeva giocattoli in legno, come quelli di una volta. A lui piacevano, ma dubitava che Anna e Marta avrebbero apprezzato un anticaglia come quella. Generazione Playstation, la loro.. Perbacco, come costavano, poi. Nell’ultimo anno lui aveva fatto più cassa che lavoro, come tanti altri nella zona da quando l’industria locale era andata a.. era entrata in crisi, ecco. Tessili, metalmeccanici, rubinettai: fra recessione e cineserie non si era salvato nessuno. Era già una fortuna che lui un lavoro ce l’aveva ancora, più o meno. Fino a quando, e chi lo sa? Ma per ora qualche soldo entrava lo stesso, anche grazie a Lucia che era sì stata messa a parttime, ma almeno lavorava ancora. E poi, lì intorno, qualcosa veniva sempre fuori. E’ il bello di stare in paese: le spese sono quelle che sono, ci si conosce tutti, ci si dà un mano. E ci sono tanti mestieri dove un paio di braccia in più fanno proprio comodo, di tanto in tanto. Anche solo in negozio, o a tenere i bambini di chi va in fabbrica, se la fabbrica c’è ancora... Ma basta con i pensieri cupi, adesso. Era la vigilia di Natale, no? Senza una ragione particolare alzò la testa, a guardare il cielo sopra Gozzano. Appena visibile, nell’oscurità che stava calando, qualcosa attraversò la piazza in volo. Un uccello, sicuramente. Ma dove era andato? Cercando di seguirne la traiettoria immaginaria andò quasi a sbattere contro un tipo che stava facendosi i fatti suoi accanto ad una bancarella di dolciumi.
- E’ un gufo - disse quello, senz’altro preambolo.
-Eh?
- Quello che ha visto volare qua sopra. E’ un gufo. L’avevo notato anch’io poco fa.
- Ma và? Ci sono i gufi anche in paese? Pensavo stessero nei boschi.
- Anche. Ma d’inverno tendono a radunarsi in un unico posto in gruppi di dieci, venti, anche cinquanta individui. Per passare la giornata, dormicchiare un po’, scambiare magari due chiacchiere.. Chissà che fanno lì tutto quel tempo. Tecnicamente si chiama “roost”, e se decidono che il luogo migliore per farlo è in pieno centro, in un giardino, un parchetto, allora eccoli qua.
- Sorprendente. Non ho mai visto un gufo.
- Ah, è un gran bell’animale. E’ grande più o meno così - mimò con le mani uno spazio di circa quaranta centimetri, si tende sempre ad esagerare un poco su queste cose - E con le ali aperte arriva quasi ad un metro. Beh, un po’ meno a dire il vero. Ha un piumaggio marroncino tutto chiazzato chiaro e scuro che si mimetizza benissimo tra rami e foglie. Non è facile da vedere.
- Credo di averlo sentito qualche volta: fa un verso tipo uh uh uh, piuttosto lugubre, se non sbaglio. E’ per quello che si dice che porti male, no?
- Porta male ai topi e alle talpe. E alle bisce, anche, e a quelli a cui piace vivere con quelle bestiacce tra i piedi. Comunque il verso è quello, suppergiù. Si dice che bubola.
- Bubola?
- Giuro. Un nome più buffo che lugubre, no? Come si chiamava il gufo della “Spada nella Roccia” il cartone animato? Ma venga con me, intanto, che andiamo a vedere il roost al municipio qui dietro. E ci scaldiamo, anche - lo invitò quello avviandosi al contempo. - O ha da fare?
- Il film della Disney? - domandò l’altro, mettendosi in moto a sua volta. - L’ho visto ma non mi ricordo.
- Beh, quello era buffo, no? Saggio, un po’ noioso ma fondamentalmente amichevole Speriamo che si faccia strada questo modo di vederli, perché..
- Anacleto!
- Eh?
- Il gufo del cartone. Mi è venuto in mente adesso: si chiamava Anacleto.
- Anacleto, giusto. Dicevo, speriamo che la gente si renda conto che sono animali simpatici e utili, visto che dobbiamo convivere ..
- Ci sono problemi?
- Quelli che ci si può immaginare. Sporcano, disturbano, non sono in tono con l’arredo del condominio.. Tutte balle, se si pensa che di giorno non si muovono neppure e oltretutto il guano è anche un buon fertilizzante. C’è chi lo paga.. Peccato che la gente non si fermi a guardarli, magari riuscirebbero a comprendere il capolavoro che sono. Ecco, siamo quasi arrivati. A quest’ora se ne saranno andati, ma magari riusciamo a vedere qualche pigrone che ha preferito rimanere ancora un po’ qui a sonnecchiare.
Passato il portone di accesso a Palazzo Ferrari Ardicini, ora sede municipale, i due attraversarono rapidamente il porticato interno per uscire, infine, nel giardino. Che era un gran bel giardino. Percorsero in silenzio il vialetto centrale, circondati dalle grandi sagome dei Cedri, delle Magnolie e delle Camelie, che nella notte ormai calata sembravano irragionevolmente minacciose e quasi inquietanti. Più in alto di tutti torreggiava il colossale Ginko Biloba, un gigante i cui rami sembravano perdersi addirittura nella volta stellata. A mezza via la guida uscì dal percorso per avvicinarsi ad una forma più densa delle altre.
- Ora non vedremo molto, purtroppo, ma di giorno è pieno come un albero di Natale, uno spettacolo…
- Beh, veramente a me sembra che ce ne siano ancora parecchi, però..
La guida si fece un po’ più sotto per osservare meglio tra i rami - Caspita, è vero! - esclamò - Sono ancora tutti qui.
Difatti, nel riflesso della luce che illuminava il palazzo si scorgevano almeno una trentina di sagome delle dimensioni e forma descritte, con in più due grandi occhi gialli che fissavano attenti e due piume dritte in testa che sembravano due orecchie, anche se non lo erano. Erano solo piume.
- Sono bellissimi.
- Sì, era quello che stavo cercando di dire. E dovrebbe vedere i piccoli, sono dei batuffoli di piume con due enormi occhi arancioni che sembrano finti. Come quelli dei peluche di una volta. Incredibili. Crescendo perdono un po’ di sofficità, poi..
- Ma stanno guardando noi?
- Beh, penso proprio di sì.. Dopotutto siamo le uniche anime vive qui, oltre a loro. No? Provi a spostarsi un po’ sulla destra, i gufi non possono muovere gli occhi, quindi devono ruotare tutta la testa. Si nota.
L’altro si spostò di qualche passo a lato, come gli era stato suggerito.
- Curioso, sembra che tutti quanti stiano seguendo me.
- Già. Per quanto decisamente improbabile. E’ solo che..
A metà della frase, nel silenzio più assoluto, un gufo si lanciò nell’aria, e scivolò via. Poi un altro. E un altro, e poi tutti quanti. Nel volgere di pochi secondi l’albero si era svuotato, lo spettacolo era finito.
- Beh, comunque siamo stati fortunati a vederli..
- In effetti è stato emozionante. Non pensavo proprio...
- Molte cose, in giro, non colpiscono subito l’occhio. Ma per chi le vuole cercare.. Lei era al mercato per i regali?
- Beh, sì..
- Venga con me, che le faccio spendere un po’ di soldi
- Guardi che io non ne che ne ho da buttar via.
- Non si preoccupi, è un investimento. E non sono io che vendo..
E così, chiacchierando del più e del meno i due arrivarono nuovamente alla piazza, fermandosi questa volta davanti ad un banchetto un po’ più piccolo e meno in evidenza degli altri. Dietro, seduto su di uno sgabello, ci stava un tale tutto intento ad assemblare qualcosa.
- Ciao giovane. - lo salutò l’altro, familiarmente. Hai qualcosa di pronto?
- Un paio di nidi e qualche mangiatoia. -
- Facci vedere le mangiatoie, per favore.
L’interpellato prelevò un paio di oggetti dall’esposizione, integrando quindi con un altro affare preso da sotto al banco.
- Eccole qui, direi che mi sono venute proprio bene.
Erano delle piccole piattaforme a tetto, tutte realizzate in legno e corteccia. Il piano inferiore era protetto da una piccola balaustra, si fa per dire. Al di sotto sporgevano dei sostegni che dovevano servire per incastrarci qualcosa. Una aveva anche degli anelli di ottone piazzati ai vertici della tettoia.
- Molto belle. - ammise il cliente involontario - Ma cosa sono?
- Mangiatoie, no? - spiegò l’artigiano, vagamente risentito.
- Per gli uccelli - si affrettò ad aggiungere l’altro - ci si mettono semi, bacche, granaglie, cose di questo genere. Gli uccelli che ci sono nei dintorni finiscono per trovarle e si abituano frequentarle. I pasti gratis piacciono a tutti. Di solito le si piazza in posizioni ben visibili, così ci si può mettere in poltrona ad ammirare lo spettacolo. E’ come un acquario, solo che i pesci hanno penne e piume.
- Ed è un tantino più grande. Costano molto?.
- No che non costano molto - intervenne l’artigiano - Con quelle che faccio io, poi, nel prezzo è compreso anche un libretto con tutte le istruzioni del caso e un sacchettino di semi e granaglie.. Giusto per incominciare..
Dall’alto della torre campanaria che era ormai diventata la sua torre campanaria, il suo sguardo seguì l’uomo che stava rincasando. Portava con sé le cose che aveva acquistato sul mercato e che avrebbe condiviso con i cari all’indomani, nella giornata del Santo Natale. I regali.
Fin da lassù lo si sentiva canticchiare, we wish you a merry Christmas, we wish you a merry Christmas.. Sarebbe stato un Buon Natale, dopotutto.
Si erano svegliati tutti presto, quella mattina. Per una volta le bambine non lo avevano nemmeno filato, neppure un tantino. Erano invece schizzate fuori dalla cameretta come dei razzi, per poi saettare davanti alla porta della cucina ignorando senza rimorso colazione e mamma e sbarcare in soggiorno, infine, come un’autentica invasione di Marines. Avevano quindi attaccato i regali in attesa sotto l’albero, facendone strage in un secondo o poco più. Papà osservava il tutto dalla soglia, vagamente preoccupato. Anche un po’ più che “vagamente”, a dire il vero. Perché si fa presto a dire che quel che conta è il pensiero. C’erano due pigiamini, uno rosa e uno giallo. Pastello. C’erano due coordinati di cuffia, guanti e sciarpa in pile che facevano caldo solo a guardarli. C’era qualche pacco arrivato da parenti e amici: maglioni, libri, tutte cose utili che difficilmente, però, avrebbero catturato la fantasia di due ragazzine di dieci anni che adoravano le Winx e Babbo Natale. Abbinamento fatto ad arte, pensava lui. Quest’anno si era potuto fare solo l’essenziale, e meno male che l’essenziale era già qualcosa.. Di oggetti strani c’era uno solo, chissà perché si era lasciato convincere, poi. Stavano scartando proprio quello..
- E questo cos’è, papà?
Ma guarda, si erano accorte che c’era ancora anche lui, in casa. - E’ una mangiatoia, bambine.. - e attaccò con lo spiegone che gli era stato propinato la sera prima alla bancarella. Mente stava parlando Marta prese a sfogliare il libricino a corredo, fermandosi di colpo dopo poche pagine per irrompere nel discorso come una bomba..
- Guarda papà, Guarda! Guarda che bella questa qui!
L’uomo spostò la sua attenzione sull’opuscolo che Marta gli stava mostrando. C’era un uccellino della forma approssimativamente di un passero, con il corpo giallo, la testolina nera, due belle guanciotte bianche e uno spesso collare nero. Dal collare partiva una striscia dello stesso colore, una specie di grembiule che scendeva giù, giù, praticamente fino alle zampe..
- Cincia.. cincia.. sposta il libretto che non riesco a vedere cara. Cinciallegra. Ah, ma sono fatte così? Non lo sapevo. Bella, sembra un canarino. Con più colore, però
- Il libro dice che vengono anche loro alla mangiatoia.
- Ma va? Eh, sarà difficile qui in paese, però. Su di un balcone, poi...
- Proviamo? - incalzò Anna
- Beh, l’abbiamo presa per quello.. Proviamo.
Decisamente soddisfatto della piega che gli eventi stavano prendendo si accomodò sul pavimento e, mentre le bimbe leggevano il manualetto a gran voce, incominciò la lotta senza quartiere contro le istruzioni per il montaggio. Fortunatamente c’era davvero poco da sbagliare, anche per un imbranato come lui, e nel giro di pochi minuti la costruzione fu terminata. Era anche bella a vedere: il pianale in legno, il minuscolo parapetto, il tetto a spiovente in corteccia. Bella. Fosse stato un lillipuziano gli sarebbe piaciuto avere un gazebo del genere nel suo giardino. E, fosse stato una cinciallegra, non avrebbe certo mancato di farci un pic nic o due, di tanto in tanto.
- E questo? - irruppe Marta nuovamente, con il suo libricino in mano
- Codibugnolo. Bello, davvero - Era un piumino da cipria bianco e rosa e nero, con una coda lunga un chilometro e gli occhi piccoli piccoli e neri neri che sembravano due carboncini. Ma dove le aveva prese tutte quelle bestie rare, quello del libro? In giro mica se ne vedevano. Qualche passerotto, al massimo. Qualche piccione, qualche rondine in estate. Ah, un pettirosso, una volta. L’aveva scorto per un istante, più che altro intuito. Un inverno, mentre scendeva al Lido. Ma Cinciallegre e Comignoli o come diavolo si chiamavano, mai. Sollevando gli occhi dal libro notò che tutta la famiglia lo stava osservando.
- Codibugnoli, papà. Non comignoli! - lo rimproverò Anna. Oops, doveva aver pensato a voce alta.
- E sono sicuro che ci sono anche qui. - Aggiunse Marta mettendo su un broncio che si vedeva lontano un chilometro che era tarocco..
- Certo, certo. Basta che poi non vi lamentiate con me se arrivano solo passerotti. Che hanno anche quelli il loro bel perché, comunque. - Le bambine gli mostrarono la lingua.
Si imbacuccarono in fretta e furia, e finalmente furono fuori, sul balcone, a piazzare la nuova meraviglia. La sistemarono in vista della finestra ed in una posizione che, si sperava, poteva sembrare interessante agli uccelli di passaggio o a quelli dei giardini dei vicini.
“Ai passerotti” pensò papà, ma questa volta si guardò bene dal lasciarselo sfuggire. Fatta la posa, si passò al primo rifornimento, come indicato nella guida all’uso e manutenzione. Un poco di acqua (perché intorno tutto è gelato), semi e granaglie quanto basta (forniti a corredo), frutta fresca a piacere (che fa sempre bene). Delle palline di margarina (ma pensa te) qualche pezzettino di carne (per cince, storni, pettirossi, merli e tordi, ma ripensa te). Un po’ di briciole e un pezzetto di panettone di qualche giorno prima. Desidera altro, signore?
Finito di imbandire per gli ospiti arrivò il momento di pensare anche ai padroni di casa.
Il pranzo di Natale era sempre una magia. Si cominciava con l’inventario della cucina, tirando fuori tutti gli attrezzi e le stoviglie per le feste, le pentole grandi, le porcellane, i cristalli, la tovaglia buona. E la macchina per stendere la pasta, la carta oleata, il mattarello, una marea di ciotole, vasetti e aggeggi senza nome. Cioè, un nome ce l’avranno pure avuto, probabilmente, ma anche “la cosa per fare qualcosa” andava benone. Poi c’era da apparecchiare il tavolo in soggiorno, si mangia lì a Natale. Anche perché il tavolo della cucina serve per gli Ingredienti e le Preparazioni, quelle con l’iniziale maiuscola. C’era da mettere in posa gli antipasti, versare la farina (a vulcano, con il laghetto in mezzo; chissà perché è sempre più quella che finisce addosso o in terra che quella che resta sul tavolo). C’era da fare la pasta, tirarla, preparare il ripieno (meglio non chiedere cosa ci fosse dentro; e comunque è un segreto), agnolottare gli agnolotti. Marta si fermò di colpo.
- Che c’è ? - domandò mamma, un tantino spaventata.
- Mi è sembrato di vedere volare qualcosa, sul balcone. - Tutti andarono a guardare, ma non c’era niente.
- Ci vuole tempo - la consolò mamma, anche lei un tantino delusa - E pazienza. Per prima cosa noteranno che c’è qualcosa di nuovo nel vicinato. Quindi verranno a vedere di che si tratta, non si sa mai. Trovato il cibo, prenderanno qualcosa al volo per poi scappare via a consumarlo in qualche posto un po’ più riparato. Ma senza perdere di vista quello che hanno lasciato qui, se ci riescono. Infine, quando si sentiranno veramente sicuri, ma sicuri sicuri, si fermeranno a pranzo proprio qui sulla mangiatoia. E magari anche a prendere il caffè, dopo. - concluse sorridendo. “E tutta questa scienza da dove viene?” le domandò papà, muovendo solo le labbra, mentre le bimbe stavano ancora guardando fuori. “Ho sfogliato il libretto prima di fare il pacco”, rispose mamma allo stesso modo. - Allora, chi mi aiuta a fare la crema? - aggiunse poi ad alta voce .
- Io, io! - Si offrirono tutti quanti al volo. E sottolineo: tutti.
Non ci volle molto a riprendere il ritmo delle preparazioni con lo stresso entusiasmo prima. E’ uno dei miracoli della festa, o forse della famiglia. O di tutte e due. Fatta la crema si scatenò la necessaria battaglia per stabilire i diritti di precedenza per leccare posate e vasellame, ma la questione fu regolata abbastanza in fretta e si poté proseguire. All’ora dovuta, finalmente, il Pranzo di Natale fu pronto. Ce ne erano stati altri prima, e come no. A volte più esotici, spesso più lussuosi. Ma questo prometteva di essere speciale, forse perché era stato preparato tutti insieme. Anzi, sicuramente per quello. “Come si faceva quando ero piccolo io” pensò papà, “Come piaceva anche ai nonni. Saranno contenti, lassù, se ci guardano.”
A far sparire un pranzo ci si mette di solito molto meno che a prepararlo, e anche quello di quel Natale non fece eccezione alla regola. Con godimento e soddisfazione dei partecipanti, come si può intuire, tant’è che le bimbe si offrirono perfino di lavare i piatti.
- Basta che diate una mano a sparecchiare, al resto pensiamo io e papà. - aveva proposto mamma. - Però tengo buona l’offerta per un'altra occasione.. -
Marta aveva rimesso su il broncio tarocco, ma poi aveva incominciato a tirar su un po’ di cianfrusaglie sparse in tavola per avviarsi infine, carica come un asinello, verso la cucina. Sulla strada quasi investì Anna che, immobile, con i piatti ancora in mano, stava fissando la finestra.
- Ma che…
- Shh - le intimò la sorella. - Sono arrivati.-
Marta, congelata a sua volta sul posto, allungò il collo cercando di sbirciare al di sopra delle spalle della sorellina. Poi, visto che l’operazione non sembrava riscuotere successo, appoggiò il carico sul pavimento e si avvicinò il più incospicuamente possibile ai vetri. Mamma e papà, intanto, osservavano divertiti le manovre da ninja delle loro figliole. Poi, come era ovvio, la curiosità prese il sopravvento e anche loro si diressero alla finestra. Nella mangiatoia c’era un uccellino. Era grosso come un passerotto, più o meno. Guanciotte bianche, corpo giallo, sembrava la cinciallegra che avevano visto sul libretto in mattinata, ma senza collare e parannanza neri e con un sacco di blu in più su testolina ed ali. - Sembra una Cinciallegra - azzardò papà.. - Cinciarella! - Corresse mamma indicando l’illustrazione sul solito manualetto che aveva recuperato da chissàddove. - Sono parenti, però -
- E’ ovvio, no? - rimarcò Anna - Guardate ne arriva un'altra! -
Questa volta, però, era una Cinciallegra per davvero. Atterrò a fianco della cugina, accendendo all’istante un’autentica rissa da strada per la conquista dei semi rimasti sul piano della mangiatoia.
- E ce ne sono ancora! - altri uccellini si stavano infatti prudentemente avvicinando. A volte si soffermavano sui rami degli alberi a dirimpetto del balcone, per poi precipitarsi alla mangiatoia come degli aerei da caccia, pigliare al volo un seme, una briciola, un pezzetto del qualcosa che costituiva l’obiettivo di guerra e quindi ritornare, altrettanto rapidamente, sul rametto di partenza. Il tutto senza che l’occhio riuscisse neppure a distinguere il movimento. Libro alla mano, arrivarono i pettirossi e i codirossi, i fringuelli, i lucherini e naturalmente qualche merlo, qualche passero e perfino un..
- Un comignolo! - esclamò papà tutto agitato.
- Un codibugnolo! - lo corressero all'istante le tre ragazze. Non appena ebbero finito di ridere della sua uscita, cioè.
Piano piano lo spettacolo calò di intensità, le visite si fecero meno frequenti ed alla fine la mangiatoia restò vuota, con solo qualche rimasuglio qua e là a ricordare il servizio prestato.
- Che bello! - commentò Marta - Dici che verranno anche domani? -
- Beh, credo di sì - rispose papà - Magari non così tanti, il pranzo di Natale non si fa mica tutti i giorni, no?
- E' vero! - Confermò Anna, che visto che era irrequieta di natura non potè fare a meno di aggiungere:
- E cosa facciamo adesso? -
Papà intanto stava guardando fuori. Il sole era basso basso, ormai. Ma c'era ancora tempo. - Su il cappotto, ragazze. Usciamo. Avanti, avanti che c'è da fare in fretta.
- Dove andiamo? - Domandarono tutte quante in coro..
- Sorpresa. Muoversi, muoversi.
Il freddo dell'inverno lo investì appena varcata la soglia. Tonificante, dopotutto. Il resto della famiglia lo stava aspettando pochi metri più avanti, azzardando ipotesi a mezza voce sulla loro possibile destinazione. Non avrebbero indovinato mai. Era stato un buon Natale, assolutamente buono. Si voltò per chiudere la porta, stava facendo buio in fretta, si faticava a trovare la serratura. Poco male, tanto i gufi avrebbero aspettato. Non sapeva perchè, ma avrebbero aspettato.
- Andiamo, non facciamoci attendere troppo..
Lui osservava la scena con una certa soddisfazione. L'indomani ci sarebbero stati amici da ringraziare e qualche favore da ricambiare, ma ne era valsa la pena. E non era neanche poi stato un gran lavoro alla fin fine. Era bastato un invito qui, un'assicurazione là, una mezza parola bisbigliata alle orecchie giuste. Non era difficile fare felici le persone di cuore, non lo era mai stato. Alzò gli occhi al cielo. Non si vedevano stelle, anzi, nell'aria c'era odore di neve. Era stato un gran bel Natale, dopotutto. Un po' anche per merito suo. Sorrise, se così si può dire. Poi si lanciò nel vuoto e svanì, nel cielo sopra Gozzano.
"Natale sopra Gozzano" by Fabrizio Burlone is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.
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